giovedì 30 agosto 2012

[BSA NAZIONALE] la Libera Repubblica di Fossoli non sarà sgomberata! Vince l'autogestione!


Fossoli, Mercoledì 29 Agosto 2012
Il Comune vuole chiudere il campo, l'assemblea difende l'autogestione e ottiene una proroga.

Tre mesi nelle tende. Niente Protezione Civile, niente militari. Non ci sono braccialetti né tessere al campo di Fossoli, ci sono solo persone libere. Così è nata la straordinaria esperienza di un campo completamente autogestito col supporto delle BSA e la gentile concessione degli spazi da parte della polisportiva fossolese. Un esperimento ben riuscito che contava anche sull'appoggio dell'amministrazione comunale, almeno fino a pochi giorni fa.

Pensavamo si fosse creato con il Comune un buon rapporto d'intesa: la vita collettiva del campo di Fossoli, ribattezzato Libera Repubblica, seppur nel disagio del dopo terremoto aveva creato spazi di condivisione delle difficoltà che permettevano alle BSA di farsi tramite tra la popolazione e l'amministrazione locale. Un rapporto di collaborazione e supporto reciproco, che manteneva l'autonomia della gestione del campo e la responsabilizzazione degli abitanti stessi nell'organizzarlo, insieme ad un canale di dialogo istituzionale aperto e disponibile a monitorare i singoli casi e trovare soluzioni. Fino al 12 Ottobre, ci eravamo detti, poi arriverà l'inverno e bisognerà pensare ad altre soluzioni.

Pochi giorni fa invece riceviamo la notizia che entro fine settimana il campo dovrà chiudere. Chiediamo all'assessore e ai tecnici del Comune di venire all'assemblea del campo (quasi tutte le sere ne facciamo una) per spiegarne i motivi. Preoccupati del clima autunnale, vogliono trasferire le famiglie con casa inagibile nelle tendopoli della Protezione Civile. “L'emergenza si è ridimensionata – dicono a noi delle BSA – ora non abbiamo più bisogno di voi, gli abitanti del campo possono essere assistiti dai nostri volontari”.

Eravamo preoccupati anche noi. Non perché il campo dovesse chiudere – auspichiamo che chiuda il prima possibile e che tutti possano tornare a casa – ma perché eravamo convinti che la Libera Repubblica di Fossoli avrebbe continuato a vivere fino a che anche l'ultimo singolo cittadino rimasto senza casa o in difficoltà avesse trovato una soluzione. Non ci sembra corretto chiudere lasciando in sospeso alcune famiglie, tanto meno trasferirle in un altro campo: dopo mesi di lavoro per realizzare un modello alternativo alla Protezione Civile basato sul rapporto personale e collettivo, fondato sul senso di appartenenza alla comunità, incentrato sull'autorganizzazione da parte degli abitanti stessi, perché porre fine ad un'esperienza che funzionava davvero per uniformarla alle altre? Perché non aspettare ancora un mese, il tempo necessario alle famiglie che stanno cercando soluzioni autonome per trovare appartamenti da affittare? Perché abbandonare gli abitanti con la scusa che hanno fatto domanda per il CAS, quando i soldi non sono ancora arrivati?

Sì, eravamo preoccupati, al punto che quasi ci eravamo scordati il potenziale immenso che si può mettere in moto con la Solidarietà Attiva, quella che produce coscienza. Non siamo stati noi i primi a prendere parola per difendere il campo, durante l'assemblea di ieri sera. Erano i cittadini stessi a reggere il confronto con i rappresentati del Comune, a spiegare che le motivazioni che portavano non erano sufficienti a convincerli che andarsene fosse la soluzione migliore. “Noi qui stiamo bene, nelle difficoltà e nei disagi, ma stiamo bene”. Così hanno risposto, non solo le famiglie con casa inagibile ma anche quelle che erano ormai rientrate in casa, quelle che avevamo conosciuto al campo i primi tempi e poi se n'erano andate, che con nostra piacevole sorpresa sono tornate ieri sera, a difendere i diritti degli altri perché tutti parte di una stessa collettività solidale.

Brividi. Alla fine dell'incontro avevamo i brividi. Assessore e tecnici hanno lasciato il campo con l'idea di prorogare di un mese la permanenza, valutare caso per caso gli inagibili e i nuclei in difficoltà. I problemi amministrativi e di bilancio legati alla distribuzione dei pasti, che volevano sospendere a partire da Sabato, sono oggi improvvisamente spariti e tutti potranno continuare a mangiare al campo come prima. Una vittoria che ci ha restituito tutto il senso del nostro lavoro, facendoci scordare le difficoltà, le fatiche, gli errori. Brividi nel guardare i bambini di Fossoli urlare “Libera Repubblica” alla fine dell'assemblea. Brividi nel pensare che quando si crea qualcosa di veramente alternativo, quando si basano gli interventi sull'orizzontalità e la consapevolezza collettiva, si stringono legami indissolubili che rendono in grado di affrontare, insieme, anche gli ostacoli più grandi.

Si possono chiudere i campi, mettere i recinti, sbarrare i cancelli. Si possono introdurre delle regole e poi le regole delle regole stesse. Si possono schedare le persone, numerare i casi, conteggiare e fare analisi statistiche. Si possono calcolare a tavolino i disagi e monetizzare le soluzioni. Si possono controllare le persone, militarizzare i territori. Tutto si può fare. Ma non si possono amministrare i legami tra le persone. Non si possono censurare le idee. Il campo di Fossoli vive sull'idea di una società migliore, un'idea che viveva prima e vivrà anche dopo il campo stesso.

Viva le idee, viva la Libera Repubblica di Fossoli!

[BSA NAZIONALE] solidarietà e autorganizzazione. Bollettino dal sisma n°4



Lunedì 27 Agosto 2012

Sono passati 3 mesi dalle scosse di Maggio. In questi ultimi giorni dopo i temporali del weekend la temperatura si è abbassata, l'Emilia respira aria più fresca. È un sollievo per chi ancora dorme in tenda, anche se l'aria frizzante del mattino e l'umido della notte a tutti fanno pensare, con un po' di preoccupazione: si avvicina l'autunno.


Il nostro intervento a Cavezzo volge al termine in questa fase di fine estate. Ci viene chiesto di liberare lo spazio della polisportiva cavezzese in via Cavour 49, per consentire alle associazioni locali di iniziare a svolgere attività qui. Abbiamo fatto tante iniziative in questi mesi e spesso abbiamo incontrato la gratitudine di molti abitanti che da tempo non vedevano vivere questo posto, oltre che per le attività sportive, come luogo di aggregazione. Molti, invitati da noi per una cena o una festa, ricordavano di quando, tanto tempo fa, ogni comune o frazione della Bassa ospitava la sua Festa dell'Unità (ai tempi un'altra cosa rispetto ad oggi) e gli emiliani sapevano di avere un appuntamento fisso con la socialità e la buona cucina. A Cavezzo era proprio dove ora sorge il nostro campo base, saremmo quindi felici di andarcene se sapessimo che questo luogo tornerà ad essere bene comune, a disposizione della collettività.


Il 9 Settembre termina dunque il nostro intervento così come tutti lo hanno conosciuto fin'ora. Ciò che non termina invece è l'emergenza che ancora pervade l'Emilia, le sue tendopoli istituzionali, quelle autogestite, le zone rosse dei paesi, le campagne costellate di macerie e le scuole, soprattutto quelle che non riapriranno a breve. Con l'autunno alle soglie e nessuna certezza sul destino delle migliaia di persone che non hanno più una casa in cui vivere, ci risulta impossibile non rimanere ancora, accanto alla popolazione.


Abbiamo distribuito centinaia di furgoni di generi di prima necessità, abbiamo mappato decine di campi autogestiti e accampamenti spontanei, abbiamo ascoltato e sostenuto migliaia di persone in difficoltà, ma non abbiamo risolto nulla, né ci siamo minimamente avvicinati a farlo. Non che saremo mai in grado di trovare soluzioni, noi, ma certo il nostro impegno nel sostenere le persone e le loro rivendicazioni continuerà a lungo, fino a che non avremo la sicurezza che l'emergenza sarà finanziata dallo Stato e che tutti avranno un tetto sopra la testa, possibilmente entro l'inverno.


LA BASSA E' ANCORA SCOSSA, DIAMOCI UNA MOSSA!

Una nuova campagna mediatica, per ricordare all'Italia che qui le difficoltà continuano. Iniziative in tutte le città in cui esiste una BSA o da cui vengono i nostri volontari, per raccogliere fondi e raccontare cosa succede nella Bassa. Uno sportello itinerante, per restare accanto a chi ha bisogno raggiungendo tutti i comuni del cratere.

Queste a grandi linee sono le idee che le Brigate di Solidarietà Attiva intendono realizzare d'ora in poi. Un nuovo intervento che ci vedrà girare per la Bassa insieme ai comitati popolari per incontrare, assistere, informare tutti gli emiliani che lo vorranno e che ne avranno bisogno. Il nostro camper sarà a disposizione degli architetti e ingegneri del comitato Sisma.12 e il punto d'ascolto di Cavezzo diventerà mobile, continuando le sue attività senza soste, semplicemente allargando la presenza sul territorio non più solo in questo comune ma anche in tutti gli altri.


Se infatti è difficile di per sé essere chiari nell'interpretazione dei decreti e delle ordinanze che sono ancora molto vaghi e a tratti controversi, è ancora più difficile capire come si stanno muovendo i diversi COC della zona, perché ognuno ha le sue specificità e ognuno prende decisioni a sé, contribuendo ad aumentare la confusione generale. Sosterremo dunque il comitato nel suo intento di mappare la situazione su tutto il cratere, esigendo trasparenza da parte delle amministrazioni.


Dall'analisi dei dati del punto d'ascolto abbiamo estratto 4 macro-aree tematiche che rappresentano gli ambiti di maggior criticità che interessano gli utenti con cui siamo entrati in contatto (circa 500 nuclei familiari). Sono le aree tematiche che affronteremo insieme ai professionisti con il nostro sportello mobile. Casa e lavoro le principali, perché il terremoto ha distrutto o reso inagibili sia le abitazioni sia molti capannoni e luoghi di lavoro. Un terzo ambito è quello dell'agricoltura, di cui nessuno parla ma che è un settore in crisi, costretto entro le morse dei consorzi e dei prezzi della grande distribuzione e soggetto a grande variabilità nella capacità di sostentamento dei piccoli produttori. Infine un'altra maxi-area che abbiamo chiamato anticrisi, che riguarda sempre i temi casa e lavoro ma che non dipendono dal terremoto. Sono tutte le famiglie in grande difficoltà per via della crisi economica. Sono famiglie che soffrono la precarizzazione del lavoro o la disoccupazione. Potenzialmente sono tutti casi da servizi sociali, che se però se ne facessero carico probabilmente risulterebbero ingolfati e inadeguati ad affrontare e risolvere la situazione. Resta per noi un grande interrogativo come risolvere questo fenomeno complesso che non riguarda certo solo l'Emilia ma che va preso in considerazione immediatamente, prima che la tensione sociale in continuo aumento diventi esplosiva.


Terremotati o meno, il lavoro resta il fulcro della possibilità di emancipazione delle diverse fasce sociali. Lascia quindi perplessi che il CAS e i contributi previsti per l'emergenza non tengano conto del reddito, quasi a voler fingere che non sia una variabile di rilevanza estrema. Il Piano Case invece, ancora in via di definizione, prevede l'utilizzo delle case sfitte per ricollocare gli sfollati. Ma quali sono queste case? Quante e dove sono disponibili? Saranno le seconde case degli emiliani oppure, come sospettiamo, saranno le case in vendita delle agenzie immobiliari, nel peggiore dei casi quelle dei palazzinari che nell'ultimo decennio hanno dato adito al dilagare della speculazione edilizia e cementificazione del territorio?


Tutto questo per noi riguarda il lavoro, la qualificazione o dequalificazione del territorio, l'amministrazione dei beni pubblici e privati che determina la condizione di vita delle persone, la possibilità più o meno accordata di esigere i propri diritti. Da qui vogliamo ripartire con il nostro nuovo intervento, da qui ricominciamo ad occuparci della Bassa sotto tutti i punti di vista, perché se è vero che l'Emilia è ancora scossa, è altrettanto vero che ora come mai è arrivato il momento.. di darsi una mossa!


Brigate di Solidarietà Attiva 

mercoledì 22 agosto 2012

[BSA NAZIONALE] Solidarietà ed autorganizzazione: bollettino dal sisma n°3


Lunedì 20 Agosto 2012

E' stata una settimana di Ferragosto probabilmente come tante altre, in Italia. Le metropoli colme d’afa e vuote di abitanti, le coste affollatissime di allegri bagnanti, le autostrade bloccate da colonne di automobilisti stressati, gli uffici chiusi per ferie con grandi sospiri di sollievo di tutti. Nel frattempo in Emilia, in tutto il cratere del terremoto, si attendeva un decreto, l’attuativo dei contributi promessi dallo Stato per gli sfollati, che a quasi 3 mesi dal sisma ancora dormono nelle tende.

Ne sono usciti 3 di decreti. Due prevedono contributi per tutti quelli che dalle scosse di Maggio non possono più rientrare in casa propria ma che in questi mesi hanno preferito non accedere ai campi della Protezione Civile o ad altre strutture predisposte dalle istituzioni. Sono tanti gli emiliani che hanno fatto questa scelta, di per sé quindi la notizia è positiva. Approfondendo le disposizioni della Regione tuttavia qualcosa non torna.

Se un singolo o una famiglia decide di trovare una sistemazione autonoma ha due possibilità. Una prevede di stipulare un contratto d’affitto per entrare in una “casa ACER”: ovviamente l’affitto se lo dovrà pagare il terremotato, insieme alla caparra di assicurazione per eventuali danni; la Regione darà poi un contributo (non si sa bene quando) per le spese di trasloco e arredamento fino ad un massimo di 3000 euro. In alternativa, se per esempio si decide di rimanere in tenda magari vicino alla propria casa, è possibile fare richiesta per il nuovo C.A.S. (contributo di autonoma sistemazione). Anche qui non è specificato quando verranno elargiti i soldi, si sa soltanto che ogni componente del nucleo familiare ha diritto a 200 euro al mese più 100 se minore, anziano oppure invalido, fino a un massimo di 900 euro per famiglia. Facendo due rapidi calcoli, una giovane coppia con casa inagibile (e verosimilmente con mutuo, perché di proprietà), non si sa bene a partire da quando e fino a che avrà sistemato casa, prenderà 400 Euro al mese per accamparsi nel giardino di casa o vivere in un campo autogestito e nel frattempo trovare i soldi per avviare i lavori. Fanno 200 euro a testa. Se i due hanno un bambino piccolo, invece, prenderranno 700 euro al mese, che a testa fanno 233 euro. Esattamente la stessa cifra pro capite che spetta ad una coppia con 2 bambini anziché 1, perché oltre i 900 euro mensili non si scappa. E se i due bambini fossero anche disabili? Stessa cifra, fine dei giochi.

Il terzo decreto riguarda la ricostruzione, finalmente! Sostanzialmente dice che chi possiede una casa danneggiata dovrà farsi fare una perizia giurata che certifichi l’entità del danno e un progetto di ristrutturazione con preventivo annesso. Tutto a carico del proprietario. A quanto ammonterà la cifra? Successivamente, di nuovo non si sa come e quando, sarà rimborsato l’80% delle spese per i lavori, sempre che non si super il valore medio al mq dell’edificio e che si intervenga solo sui locali di portata principale.

Insomma, noi non siamo illustri esperti di decreti, ma ci sembra che i provvedimenti sottostimino abbastanza le difficoltà in cui incorre un terremotato che magari ha figli e genitori a carico e che dovrà spendere (quantomeno anticipare) dalle decine alle centinaia di migliaia di euro per sistemare la casa danneggiata. La sottostima poi diventa notevole se si pensa che in molti, come sottolineavamo nell’ultimo bollettino, si trovavano in difficoltà economiche anche prima del terremoto, figuriamoci ora.

CHE FARE? CONSAPEVOLEZZA PRIMA DI TUTTO
Sabato 25 Agosto alle 18:00 presso il Campo Base di via Cavour 49 a Cavezzo si terrà la quarta assemblea di coordinamento dei campi autogestiti e dei comitati popolari che nel frattempo sono nati nella Bassa.
L’idea alla base di queste iniziative è anzitutto stare insieme, affrontando il post terremoto come gruppo piuttosto che singolarmente. Banalmente, l’unione fa la forza, sicuramente perché non è facile capire i decreti e gli intricati passaggi della burocrazia italiana ed uno spazio collettivo di riflessione e analisi puo’ facilitare la condivisione di informazioni. In più, i comitati da tempo stanno diramando appelli per cercare ingegneri, architetti, geometri, avvocati ma anche falegnami, idraulici, muratori, tutte quelle professionalità che oltre ad essere utili per capire bene cosa succede e come muoversi potrebbero decidere di fornire prestazioni gratuite o a prezzi popolari per venire incontro ai problemi di chi si trova in difficoltà. In ultimo, ma non certo per ordine di importanza, il Comitato potrebbe assicurare oltre ad un ampio livello di partecipazione interna un largo grado di rappresentatività verso l’esterno: le richieste e rivendicazioni che l’assemblea formulerà Sabato saranno il fulcro delle iniziative di pressione alle istituzioni che tutti coloro che vorranno lottare potranno portare avanti, contando ognuno non solo per se stesso ma per tutti gli aderenti ai Comitati e potenzialmente per tutti gli sfollati.

QUANDO SI METTE IN MOTO ALTRO DA SE’
La sera prima dell’assemblea, Venerdì 24, al nostro Campo Base ci sarà un’altra iniziativa. Niente discussioni o argomenti impervi questa volta, solo tanta allegria, cucina tipica emiliana e una bella serata da passare in compagnia tutti alla stessa tavola. Ne abbiamo fatti diversi di cene ed eventi in queste ultime settimane, ma la serata di Venerdì avrà in più qualcosa di speciale. Sarà una serata benefit per i ragazzi di Cavezzo che tutti i giorni da oltre un mese vengono al Campo a darci una mano. Ormai siamo diventati amici, tutti reciprocamente grati per esserci dati la possibilità di condividere quest’esperienza, tanto nelle difficoltà quanto nei momenti di spensieratezza. Ci piacerebbe che rimanesse a loro, anche quando il nostro intervento sarà finito, la possibilità di continuare a costruire avventure, progetti, spazi di aggregazione e condivisione che possano conservare anche oltre il terremoto quella sensazione bellissima che dà la Partecipazione. I ragazzi qualche giorno fa ci hanno scritto una lettera per ringraziarci. Noi a fatica troviamo le parole per ricambiare, perché se possiamo dire che a qualcosa sia servito il nostro intervento a Cavezzo, sicuramente è per merito loro.

sabato 18 agosto 2012

[BSA NAZIONALE] Bollettino dal terremoto n°2



Lunedì 13 Agosto 2012

L'Emilia brucia sotto il sole di Agosto. Un'altra settimana si è conclusa, molte cose sono successe e molte ancora devono accadere. Qui a Cavezzo il nostro punto d'ascolto continua ad essere luogo di incontro tra volontari e popolazione.


Dal 17 Luglio al 10 Agosto sono passate da qui oltre 400 persone. Di queste, il 64% di chi ha la casa inagibile ha preferito trovare una sistemazione autonoma rispetto ai centri di accoglienza preposti dal Comune e dalla Protezione Civile. Tra "gli inagibili", che ancora non sanno come e quando rientreranno in casa, almeno 7 casi su 10 si trovano a far fronte anche al problema lavorativo: molti in cassa integrazione, molti avevano un'attività autonoma, molti si trovano con un solo stipendio a sostenere tutta la famiglia, spesso anche quella allargata.


Ma il dato che più ci incuriosisce riguarda la percentuale di chi si è rivolto al magazzino popolare pur avendo la casa agibile (circa il 40% dei contatti totali). Di questi solo il 5% ha perso il lavoro a causa del terremoto. Quasi 6 casi su 10 si trovavano in condizioni di difficoltà economica anche prima del sisma di Maggio: famiglie molto numerose, alcune con membri che richiedono assistenza quotidiana, molti disoccupati, molti nuclei monoreddito, molti con un mutuo sulle spalle o un lavoro occasionale (soprattutto in agricoltura). Se da un lato è chiaro che l'apparato istituzionale che deve fronteggiare l'emergenza non è preposto per sobbarcarsi anche questi casi, dall'altro lato risulta evidente come il terremoto abbia riportato in luce oggettive difficoltà di larghe fasce di popolazione che a fatica reggono il peso della crisi, economica e dell'intero mondo del lavoro.

Si apre dunque una partita politica che dentro l'emergenza s'intreccia a tutto il resto per scostarsi dal puro livello assistenzialista e porsi come riflessione generale a tutto tondo sul sistema economico e sociale in cui interveniamo.

COSA C'ENTRA LA POLITICA?

Accanto al cancello del Campo Base di via Cavour 49, pochi giorni fa è apparso un cartello:
"Il magazzino popolare non chiude per colpa del Coc o di alcuni Cavezzesi, ma perchè la politica deve rimanere fuori dalle donazioni". Al di là dell'inesattezza della prima parte, conprovata dagli incontri a cui abbiamo partecipato con Comune, Protezione Civile e cavezzesi che gestitscono il market comunale, ciò che più ci sconcerta è a quale idea di politica si possa riferire quella scritta.
Pensiamo che quando un singolo si riunisce in gruppo per affrontare insieme un problema della collettività stia facendo politica. Pensiamo che l'etimologia stessa della parola politica rimandi ad un impegno oggettivo volto a superare l'egoismo individuale per mettere al centro il concetto di comunità. Il nostro intervento è politico, perchè politica è la nostra visione del mondo. Un mondo in cui la solidarietà sia la base da cui ripartire per combattere le differenze e salvaguardare i diritti di tutti. Un mondo in cui le fasce più deboli della popolazione possano trovare un supporto concreto per la propria emancipazione. Per questo i volontari delle BSA sono prima di tutto militanti. Per questo l'intervento è contruito collettivamente durante le assemblee di gestione interna. Per questo cerchiamo di attivare metodi di inchiesta e censimento dei nostri "utenti" basati sul dialogo e non sul controllo. Perchè crediamo nell'orizzontalità, nel rispetto delle differenze, nell'autorganizzazione della popolazione.
In questo senso, se il nostro fare politico fosse davvero il motivo della chiusura dello spaccio popolare, emergerebbero forti dubbi sul concetto di benessere collettivo e sul valore che tutti noi gli attribuiamo, dentro e fuori le emergenze.

Il giorno successivo all'affissione del cartello, un pick-up della Protezione Civile è passato davanti al nostro magazzino. Tre persone a bordo, con il braccio dentro teso, hanno urlato "viva il duce!" per poi dirigersi verso il Campo Abruzzo. Probabilmente è stata iniziativa di singoli non attribuibile all'organizzazione Protezione Civile nel suo complesso. In ogni caso l'episodio è grave e si commenta da sè.


MIGRANTI NEL POST TERREMOTO

Il 10 Agosto il Palaverde - centro di accoglienza quasi esclusivamente per stranieri - ha chiuso. Come al solito, la fase di transizione ad altra sistemazione, sia essa il Campo Abruzzo oppure autonoma, non è stata lineare per tutti. Chi non può dimostrare la residenza non riceve in automatico la famosa tessera come gli altri. E come spesso accade chi ha maggiori problemi con i documenti, di questo tipo soprattutto, sono proprio i migranti. Per ora alcune di queste persone sono accampate fuori dal Campo Abruzzo. Hanno una tessera che scadrà il 31 Agosto, poi si vedrà. Di nuovo.

Comunque ormai con molti ragazzi siamo diventati amici, proprio mentre scriviamo alcuni di loro sono seduti alla tavola del nostro campo, a pranzo cous cous, a cena lasagne. Per continuare a mettere a valore questi incontri vorremmo organizzare un'iniziativa in occasione della festa del Ramadan. Un evento aperto a tutti, grandi e piccini, per passare insieme altri momenti allegri!


RICOSTRUIAMO LA BASSA

La mattina dell'11 Agosto molti emiliani si sono svegliati con l'idea di ricevere il contributo promesso dalla Regione per le cosiddette "sistemazioni autonome", ossia tutti coloro che hanno scelto di non accedere ai campi della Protezione Civile. Un brutto risveglio, perchè i soldi non sono arrivati. Intanto tutta la bassa aspetta ferragosto per l'uscita del famoso decreto attuativo che stabilirà - speriamo - l'iter di erogazione dei fondi per la ricostruzione.
La demolizione delle case, la rimozione delle macerie, la perizia giurata dei danni e il progetto di ristrutturazione sono - salvo casi particolari - tutti a carico del cittadino. Chi possiede una casa danneggiata deve metterla in sicurezza, altrimenti incorre in reato penale. Ma gli aiuti dove sono?
Intanto i rimborsi saranno erogati all'80%, perchè siamo in crisi. Anche questa è una scelta politica, che ancora una volta dimostra come a pagare debbano sempre essere i più deboli.
Ci sembra importante continuare il lavoro delle staffette anche informando la popolazione sui diritti e doveri che le spettano. Abbiamo seguito fin da subito la costituzione del comitato "Ricostruiamo la bassa", formato da associazioni e cittadini che hanno deciso di esserci come parte attiva dentro le fasi di gestione dell'emergenza e pianificazione della ricostruzione. L'ultima assemblea a Dogaro ha dimostrato quanto sia viva in queste terre la voglia di partecipare e capire. Come BSA sosterremo ogni giorno di più queste forme di autorganizzazione, nella convinzione che la consapevolezza sia il primo passo per il riscatto e che la partecipazione attiva sia un punto di partenza fondamentale per ricostruire insieme, non solo le case e anche oltre il terremoto.

Brigate di Solidarietà Attiva

Campo Base di via Cavour 49 - Cavezzo

martedì 14 agosto 2012

“Non ci sarà uno Stato Palestinese” – Intervista con Ziyad Clot, la talpa dei “Palestine Papers”



Nel 45° anniversario della Naksa, l’ex consulente dell’OLP e talpa dei Palestine Papers, Ziyad Clot, sostiene che non accadrà mai che possa esistere uno Stato Palestinese accanto a Israele. 
di Max Blumenthal
                                  clot-ziyad
Il mese scorso, migliaia di ebrei israeliani hanno celebrato lo Yom Yerushalayim, o Giorno di Gerusalemme. E’ stato il 45° anniversario di quello che molti israeliani considerano la “riunificazione” di Gerusalemme, una occasione per buontemponi di destra per cantare canzoni nazionaliste, scandire slogan anti-musulmani ed esultare per l’omicidio di massa compiuto dall’estremista ebreo Baruch Goldstein, mentre marciano trionfalmente attraverso il quartiere musulmano della Città Vecchia. Oggi, i palestinesi commemorano il Giorno della Naksa, che contrassegna la “Sconfitta” del 1967. E’ il 45° anniversario dell’occupazione militare di Israele tuttora in atto, una data ignominiosa che ispira le manifestazioni di rabbia in tutta la West Bank, la Striscia di Gaza, nei campi profughi palestinesi e nelle città di tutto il mondo. 

Dato che l’occupazione tira per le lunghe, incoraggiando in tal modo la rapida espansione delle colonie israeliane e il consolidamento del regime dell’apartheid, il concetto di uno stato palestinese sovrano sembra proprio questo – un’idea fantastica che cela l’opprimente realtà sul terreno. L’Autorità palestinese, che è stata creata per amministrare il futuro stato, oggi serve a poco più che per la distribuzione di stipendi a una lunga lista di persone a carico, mentre mette a disposizione di Israele un conveniente subappaltatore dell’occupazione che arresta palestinesi non compiacenti e critici interni del suo governo autoritario. Questi, dopo essere stati frammentati a seguito di generazioni di espropriazioni e di colonizzazioni, poi divisi l’uno dall’altro dal muro di separazione e dall’assedio di Gaza, per resistere alle rapine dei coloni israeliani si trovano ad aver di fronte una serie sempre più limitata di opzioni. Con le speranze in uno stato reale, indipendente, quasi interamente infrante, si dibattono con rinnovata intensità le questioni relative alle tattiche a breve termine e gli obiettivi a lungo termine. 
Mentre nella West Bank e a Gaza i palestinesi si sono preparati per commemorare il Giorno della Naksa, in un caffè a Washington DC mi sono incontrato con uno scrittore, ex consulente legale dell’OLP, di nome Ziyad Clot. Nel Gennaio 2008, Clot è stato reclutato come consulente dell’Unità di Supporto per i Negoziati dell’Autorità Palestinese, che aveva il compito di sovrintendere l’archivio dei profughi palestinesi. Fino al momento in cui si è dimesso costernato 11 mesi più tardi, Clot ha dichiarato di essere stato testimone di una “iniziativa crudele” che “aveva aggravato le politiche segregazioniste di Israele” e “aveva comportato l’esclusione per la maggior parte della stragrande maggioranza del popolo palestinese”. Nel 2010, con le immagini della raccapricciante violenza di Israele sulla Striscia di Gaza che ancora bruciavano nella sua memoria, Clot ha pubblicato nel suo paese natale, la Francia, un testo polemico dal titolo provocatorio, che non è stato tradotto ancora in inglese: “Il n’y aura pas d’Etat Palestinian”, o, “Non ci sarà uno Stato Palestinese”. 
Poco dopo l’uscita del libro, Clot ha fatto trapelare ad Al Jazeera centinaia di documenti relativi al cosiddetto processo di pace, che portano alla divulgazione dei Palestine Papers. Recepito con escandescenze dai funzionari dell’AP, accolto da un inquietante silenzio da parte del governo israeliano e rapidamente messo in ombra dalla rivoluzione egiziana, il Palestine Papers è stato la conferma che il processo di pace non era altro che una farsa crudele che ha contrapposto un occupante implacabile a una entità palestinese non rappresentativa vincolata a forze esterne antagoniste. 
Nella nostra chiacchierata, Clot è andato oltre la sua critica del processo di pace, fornendo indicazioni per rimettere in moto la passata lotta palestinese, il cammino verso la statualità e l’esperimento fallito dell’Autorità Palestinese.. Secondo Clot, priorità assoluta della lotta dovrebbe essere quella di garantire la piena rappresentanza da parte dell’OLP degli oltre 10 milioni di palestinesi che vivono in tutto il mondo, un obiettivo che può essere raggiunto consentendo loro di votare alle elezioni del Consiglio Nazionale Palestinese. Una volta che gli esiliati e i profughi palestinesi si convincessero di avere un interesse riguardo al futuro della Palestina, ha sostenuto Clot, i loro contributi finanziari e culturali consentirebbero all’AP di liberarsi dagli onerosi benefattori occidentali. Considerando che solo l’8% dei palestinesi cacciati dalle abitazioni a causa dei combattimenti del 1967 ha avuto l’autorizzazione a ritornare in Palestina, il farli rientrare nell’agone politico sembra un modo appropriato per porre rimedio alla crisi determinata dalla Naksa. 
Segue la mia intervista con Ziyad Clot: 
MB : Chiarisci il titolo del tuo libro. Che cosa ti ha indotto a concludere che non ci sarà mai uno stato palestinese sovrano? 
ZC : Oggi, la grande questione potrebbe essere perché mai dopo 45 anni di occupazione non c’è alcun stato sovrano. L’unico consiglio che darei a chi se ne interessa è di guardare una mappa e di non prendere in considerazione quelli che saranno gli ipotetici confini di un futuro Stato palestinese e ammettere il fatto che le due popolazioni sono frammiste sia in Israele che nella West Bank. A causa della colonizzazione e il fatto che, a partire dal 1967, nessuno è stato capace di fermarla, ora ci si trova in una situazione nella quale, non c’è una sola collina della West Bank senza una colonia o un avamposto. Come si fa a creare uno Stato palestinese reale in una situazione di questo tipo e dove non c’è terra e acqua a sufficienza per realizzarlo? Non è possibile. Pertanto tutti gli attributi di uno stato non ci sono più. Gerusalemme è divenuta di fatto la capitale unificata di Israele e ciò che mi ha realmente colpito quando mi trovavo là era l’enorme divario tra i fatti sul terreno e ciò che è ancora in fase di negoziazione in questo mondo parallelo che ha perso ogni contatto con la realtà. 
MB : Il Palestine Papers fornisce un ritratto dell’ Autorità Palestinese che a dir poco è fuori dal senso della realtà. Non solo era disposta a negoziare la cessione della maggior parte di Gerusalemme Est, essa sembrava psicologicamente distaccata dall’intera situazione dei profughi. Come si può considerare questa mancanza di considerazione? 
ZC : Loro [i funzionari dell’AP] vivono e negoziano in una situazione di occupazione. Per noi è facile dire che cedono e sono disponibili a qualsiasi compromesso e che tutte le linee rosse sono state superate – e questa è la mia convinzione personale – ma devono far fronte a così tanti vincoli e ostacoli che nel corso degli anni hanno perso il contatto con gli esiliati, poi con i profughi, poi con Gaza e ora, a causa del muro, con Gerusalemme Est; così sono rimasti in questa piccola enclave che cercano di amministrare pur in assenza di una completa sovranità. In tal modo, nel corso degli anni, hanno interiorizzato questi vincoli e si sono abituati al discorso che è accettabile per l’Occidente. A causa della struttura dell’AP e delle modalità di finanziamento sono tenuti a rispondere più nei confronti dei donatori internazionali, che del popolo palestinese. Questo spiega perché i ponti tra i palestinesi non esistono più. Se c’è un settore nel quale i palestinesi dovrebbero concentrarsi maggiormente è quello della rappresentanza. Dato che il processo di pace è divenuto irrilevante, a questo punto è molto più importante la questione di chi rappresenta i palestinesi e il modo in cui vengono rappresentati. 
MB : Di recente, il politico israeliano e figura istituzionale del processo di pace, Yossi Beilin, ha sollecitato Mahmoud Abbas a chiudere con l’Autorità Palestinese. Ha perfino usato il tuo medesimo linguaggio, chiamando il processo di pace “una farsa”. Concordi che l’AP dovrebbe essere sciolta e, in caso affermativo, che cosa ne verrà dopo? 
ZC : Smantellare l’AP è una richiesta ardua perché ci sono tanti interressi coinvolti. Se si dovesse dismettere domani, gran parte della West Bank verrebbe lasciata senza reddito. Quindi è una decisione politica da prendere di eccezionale importanza. Si deve considerare anche che l’occupazione israeliana è più brutale di quella che i palestinesi stanno subendo con l’AP, per cui si vuole davvero affrontare direttamente l’occupazione? Se l’obiettivo a lungo termine è la realizzazione dei diritti dei palestinesi e l’autodeterminazione, allora è preferibile. A breve termine, tutto ciò significherà un sacco di sofferenza. I palestinesi sono pronti a questo? Penso di no. Quindi, per dirla semplicemente: queste gravi questioni devono essere decise dai palestinesi. Spetta a loro decidere se questo stato è realizzabile. In caso contrario, le varie opzioni dovranno essere presentate a loro. Purtroppo, per la mancanza di questa rappresentanza, tutto ciò è impossibile. Ecco perché penso che priorità assoluta dovrebbe spettare alla ristrutturazione dell’OLP. Nel breve termine, la seconda priorità dovrebbe essere quella di preservare l’umanità dei palestinesi che stanno patendo una sofferenza di massa – in particolare la popolazione di Gaza – perché una soluzione politica potrebbe essere molto lontana. 
MB : Quali misure specifiche potrebbero essere impiegate per proporre una rappresentanza dell’intero popolo palestinese? 
ZC : Si dovrebbe consentire a tutti i palestinesi di votare per le elezioni del Consiglio Nazionale Palestinese – si dovrebbero coinvolgere tutti i 10 milioni di palestinesi e ogni voce dovrebbe essere ascoltata. Questo è notevole vantaggio per i palestinesi. Al di fuori dei territori ci sono forti comunità. Se si vogliono usare come una risorsa sia economica, che politica e culturale, devi offrire loro la possibilità di essere rappresentati. Il problema con l’AP non è la mancanza di risorse finanziarie – ci sono un sacco di palestinesi ricchi al di fuori. E allora ci si deve chiedere perché l’Occidente scrive le garanzie senza ritenere mai gli israeliani responsabili di nulla. Ai palestinesi ricchi sarebbe più facile contribuire, ma purtroppo non si riconoscono quali attori che abbiano una rappresentanza in Palestina. Nonostante tutte le differenze interne, si deve stabilire una struttura che consenta a tutte queste persone di essere ascoltate. 
Questo articolo è riportato originariamente su Al Akhbar in inglese. 
(tradotto da mariano mingarelli) 
[In Italia, il libro di Ziyad Clot è edito dalla ZAMBON Ed. con il titolo “Non ci sarà uno Stato Palestinese”]

lunedì 13 agosto 2012

[BSA NAZIONALE] da Foggia: ora sanno dove è il Ghetto!

Rimangono solo resti carbonizzati di una parte del Ghetto di Rignano. L'incendio provocato da una candela è divampato rapidamente nella fatiscenza di plastica e legno. Immediatamente è partita le gestione di questa emergenza nella già tragica quotidianeità della vita al Ghetto. 
A prescindere infatti dalle cause accidentali dell'incendio, non deve essere dimenticato come questo grosso insediamento di braccianti stagionali (e stanziali) sia lo specchio dello sfruttamento dei lavoratori stranieri in tutta la zona della Capitanata.
L'incendio ha squarciato l'indifferenza stratificata di una situazione di emarginazione ed estremo degrado presente ormai dalla fine degli anni novanta, su un territorio trasformato e stravolto dalla coltivazione intensiva del pomodoro effettuata su vasti latifondi.
Ciò produce dinamiche strutturate di gestione della forza lavoro presente soprattutto nei picchi della raccolta, nei quali si palesa con estrema evidenza una normalità fatta di caporalato, ritmi di lavoro disumani, salari da fame (con l'utilizzo endemico del cottimo) in una lunga catena di difficile lettura. Si sovrappongono infatti diversi livelli di comando che a partire dalle aziende di trasformazione del pomodoro appannaggio dei casertani - che realizzano i veri profitti dallo sfruttamento dei corpi e dei territori -, e correndo lungo una teoria di figure intermedie (dal proprietario terriero fittizio, al caporale, al caposquadra), rendono di difficile comprensione la struttura dello sfruttamento. Un sistema intricato e rarefatto di scatole cinesi nei quali è facile capire l'inizio e la fine della catena, ma è molto più complesso comprendere e separare i passaggi intermedi. 
Questo sistema, diffuso in tutta la produzione agricola, è agevolato da politiche migratorie, che altro non sono che norme sul lavoro che istituiscono nei fatti il reato di disoccupazione, estremamente funzionali all'istituzione di una figura di lavoratore debole e ricattabile.
In questo contesto la ricattabilità produce emarginazione e isolamento, terreno fecondo anche per la creazione di vere e proprie zone franche in cui diventa facile gestire altri affari: dallo spaccio allo sfruttamento della prostituzione.
Il Ghetto di Rignano è la più conosciuta di queste zone. E' situato al confine di tre comuni diversi (Rignano, Foggia e San Severo) e su terreni di diversi proprietari.
E' estremamente strutturato, con una propria economia informale, fulcro strumentale alla gestione del lavoro, in cui il controllo interno è regolato da dinamiche esterne. Un capillare controllo sociale su i lavoratori e su tutti gli abitanti dell'insediamento in cui oltre allo sfruttamento del lavoro bracciantile si sommano spaccio e sfruttamento della prostituzione.
Intervenire nel Ghetto vuol dire provare a rompere l'isolamento funzionale allo sfruttamento della forza lavoro resa ancora più ricattabile dalla crisi economica generale che settore agricolo trova le sue contraddizioni più manifeste. Partendo dai bisogni materiali più concreti come l'insegnamento della lingua italiana e l'orientamento legale si sta tentando di rendere possibile un lento e progressivo processo di esigibilità dei propri diritti e di emancipazione dal basso.
Superando quindi ogni forma di assistenzialismo si cerca di dare spazio alla possibilità di aggregazione tra braccianti accomunati dalle medesime condizioni di lavoro a prescindere dalle proprie nazionalità.




domenica 12 agosto 2012

[BSA PAVIA] lo sciopero dei braccianti di Castelnuovo Scrivia

VERGONGNA! SCIOPERO! SCHIAVI MAI!” questo è ciò che ancora urlano i braccianti di Castelnuovo Scrivia dopo più di 2 mesi di presidio, iniziato lo scorso 22 giugno.
Sono di nuovo là davanti all’azienda agricola Lazzaro nonostante il sole e l’afa, indeboliti dal Ramadan: chi sviene è portato al pronto soccorso e il giorno dopo ritorna al presidio a gridare la propria indignazioni in difesa dei propri diritti di lavoratore e di essere umano.

La rabbia è tanta perché si stanno scontrando con un’arroganza senza pari da parte del padrone che, non solo, ha violato per ben due volte gli accordi presi al tavolo delle trattative con CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) e sindacato, ma offende e si prende beffa dei lavoratori con un’offerta di 100.000 euro (da dividersi in 40, fate voi i conti) per rinunciare al diritto di prelazione sui contratti in scadenza. Una cifra ridicola a fronte dell’ammontare totale degli stipendi   mai interamente pagati - che la ditta deve sborsare. Dal 1° di agosto i braccianti hanno indetto lo SCIOPERO A OLTRANZA per protestare contro la decisione da parte di Lazzaro di non rinnovare i contratti (la CIA tace sulla questione) e per solidarietà con i compagni (14) il cui contratto è scaduto il 31 luglio. Il blocco dei tir Bennet che arrivano a prelevare gli ortaggi da distribuire a Milano, Genova e Roma è l’unica   giusta e giustificata   prova di forza che gli scioperanti si possono permettere.

Qualcuno afferma che non bisognerebbe mettere in maggiore difficoltà l’azienda altrimenti non potrà pagare gli arretrati ai braccianti oppure che il blocco di un tir è una pratica illegale (!?) e questo non gioverebbe alla causa. A questo punto sorgono parecchie domande: è legale ciò che Lazzaro ha fatto ai lavoratori? È più grave bloccare per qualche ora un tir o ridurre in schiavitù degli esseri umani (sentenza pronunciata dalla Prefettura di Alessandria)? Se Lazzaro non ha i soldi per pagare chi gli raccoglie la verdura (per 12 o 13 ore al giorno sette giorni su sette) perché queste persone dovrebbero lavorare gratis?

Evidentemente c’è qualcosa che non va. E una, tra le tante cose che non quadrano, è l’ingaggio di 13 braccianti di origine indiana, facenti capo a una cooperativa di Brescia, a scapito dei braccianti marocchini. Se l’azienda Lazzaro non ha soldi per pagare nessuno, perché allora si è comprato (se le pagherà...) altre braccia da sfruttare?

Il 3 agosto i braccianti e i loro sostenitori hanno fatto sentire la loro voce ad Alessandria in una manifestazione che dal palazzo della Provincia (sede della Prefettura) è giunta fino alla sede della CIA. Forse qualcuno non si aspettava una tale partecipazione: oltre al sindacato che ha organizzato la manifestazione e chi, fin dall’inizio, ha dato sostegno umano, politico e logistico ai braccianti (PRC di Tortona, Associazione “Verso il Kurdistan”, Associazione “Donne Insieme” e Brigata di Solidarietà Attiva di Pavia) anche la Comunità di San Benedetto al porto di Don Gallo ha offerto il suo sostegno e solidarietà assieme a privati cittadini. Nel pomeriggio dello stesso giorno si è aperto un terzo tavolo di trattative assolutamente deludente.

La situazione a Castelnuovo Scrivia è lungi dall’avere una conclusione a breve. I lavoratori hanno un affitto e delle bollette da pagare come tutti d’altronde, ma non hanno un lavoro: si stanno mantenendo con la Cassa di Resistenza grazie alle donazioni dei sostenitori. L’origine geografica di queste persone non è la causa della lotta e del sostegno che si sta dando loro: sono sfruttati da un’azienda che ha leso e continua a ledere i loro diritti come esseri umani e come lavoratori, cosa tra l’altro che succede nella maggior parte delle aziende agricole (senza distinzione di latitudine) e nella maggior parte delle fabbriche o dei call center di tutta Italia.

Non è per nulla facile alzare la testa come hanno fatto loro, ma è una lotta giusta ed è questo che dà loro la forza di proseguire a combattere. Chi volesse sostenerli può fare un versamento su questa carta POSTEPAY 4023 6006 2358 1008.

-link al video: http://www.alessandrianews.it/web-tv/?id=707

martedì 7 agosto 2012

[BSA CAVEZZO] Solidarietà e Autorganizzazione - Bollettino dal Sisma - n°1

Lunedì 6 Agosto 2012

E' stata una settimana intensa quella appena passata.
E' iniziata lunedì scorso con l'uscita ufficiale delle zone terremotate dal periodo di emergenza. Il 29 Luglio, a sessanta giorni dall'ultima scossa, finisce l'emergenza e tutto passa ad una nuova fase.
Qui a Cavezzo i servizi della Protezione Civile si restringono ai soli residenti, attraverso il meccanismo delle tessere. Il Campo Abruzzo ospita circa 220 persone, famiglie o singoli, chi con la casa inagibile, chi rimasto senza lavoro, chi in particolari situazioni di difficoltà. L'amministrazione di Cavezzo da subito ha gestito l'emergenza in modo da lasciare spazio all'associazionismo e al volontariato civile: le associazioni fanno animazione per bambini dentro il campo, il market comunale gestito da cavezzesi distribuisce alimentari, generi di prima necessità e vestiti, mentre a ridosso del campo vengono organizzati piccoli eventi serali.

Da oggi a ridosso del campo ci siamo anche noi, in collaborazione con i cavezzesi del market comunale e con un nostro punto d'ascolto. L'idea è che la complessità della situazione e del tipo di intervento debba richiedere metodi di gestione flessibili seppur chiari, che siano in grado di adattarsi all'umanità e all'eterogeneità degli specifici casi che di volta in volta si presentano.I criteri della tessera stabiliscono categorie di aventi diritto che possono allargarsi o restringersi ma restano a volte troppo rigide. Il punto d'ascolto ha proprio la funzione di stabilire un dialogo con le persone per considerarne la condizione a 360 gradi. Proviamo a rispondere alle domande più frequenti: Ho perso il lavoro, avrò la cassa integrazione? Come funzionano le verifiche di agibilità delle case? Come si affronta la paura?. Proviamo a mettere a disposizione uno spazio dove anche semplicemente sfogarsi, rievocare i momenti del terremoto, raccontarsi e farsi raccontare. Il terremoto ha sparigliato le carte, aprendo anche a nuovi spazi di socialità che crediamo di enorme valore.

LA TERRA TREMA? RESTIAMO INSIEME!
Già da una settimana ogni giorno le nostre attività possono contare anche sull'aiuto di un energico gruppo di ragazzi del posto. Giovani, con tanta voglia di fare, passano spesso tutta la giornata al campo base delle BSA, in via Cavour 49. Chi dà una mano a sistemare il magazzino per le staffette, chi ci aiuta ad organizzare il nuovo spazio per i bambini, i ragazzi sono ormai perfettamente inseriti nella gestione del campo. Le nostre assemblee grazie a loro sembrano più complete, sono sicuramente più entusiasmanti!

Lo spazio bimbi rientra nella serie di attività che vogliamo continuare o avviare perchè la popolazione possa trovare qui un luogo dove incontrarsi, riposarsi, socializzare, dove parlare dei problemi ma anche farsi due risate, dove divertirsi e mettersi in gioco, anche costruendo insieme a noi le iniziative di solidarietà dell'intervento stesso.
Vogliamo invitare tutti quelli che ci hanno conosciuto in questi due mesi a mangiare di nuovo con noi venerdì 10 alla cena TUTTI NELLA STESSA PASTA!, perchè la socialità passa anche dalla tavola!

Vogliamo anche continuare a stare accanto alla popolazione, indipendentemente dal terremoto. Le distribuzioni di materiali, le staffette e gli sportelli ci hanno reso evidente come quest'emergenza sia andata ad aggravare una condizione di precarietà preesistente, dovuta alla crisi e alle difficoltà economiche. Per questo da oggi sarà aperto qui da noi lo SPORTELLO ANTICRISI, per valutare insieme come affrontare le difficoltà. Lo sportello potrà godere del supporto di sindacalisti, avvocati, associazioni di categoria che sosterranno i nostri volontari garantendo informazione e assistenza sui temi di casa, lavoro, sussisitenza economica e supporto legale.

Gli amici di Emergency, con cui più volte abbiamo collaborato nelle ultime settimane, sono invece una grande risorsa sul piano sanitario: grazie a loro abbiamo seguito il caso di alcuni migranti ospiti dell'altro centro accoglienza presente a Cavezzo, il Palaverde.

MULTICULTURALITA' NON FA RIMA CON FORZE DELL'ORDINE
Al punto di distribuzione erano venuti spesso. Soprattutto uomini, marocchini, tunisini, migranti ospiti del Palaverde. Un grosso padiglione con centinaia di brandine ospita la zona dormitorio, fuori una zona mensa e degli spazi comuni, il tutto gestito dalla Protezione Civile. Con alcuni siamo diventati amici, molti ci raccontano le loro storie di vita, molti ci spiegano cosa vuol dire subire il terremoto per chi viene da altri paesi. Le barriere linguistiche, le condizioni di precarietà legate al permesso di soggiorno, le differenze culturali che a volte assumono grande rilevanza, come durante il Ramadan, sono tutti elementi che si sommano alle dinamiche di "convivenza forzata" e riorganizzazione della comunità che l'emergenza comporta. Il dialogo con l'amministrazione su questo è stato proficuo: l'incontro tra l'utenza che si rivolgeva al nostro campo e i servizi messi a disposizione dal comune è stato garante di una buona gestione del centro rispetto alla tutela delle usanze culturali e alla fase di chiusura che lo interesserà a breve.

In questo contesto ci ha spiacevolmente colpito l'episodio di Giovedì sera, causato dall'intervento dei Carabinieri davanti al Campo Abruzzo. Nonostante gli accordi che intercorrevano tra l'assessorato alle politiche sociali, i volontari delle BSA e gli operatori di Emergency, le forze dell'ordine hanno ritenuto opportuno invitare alcuni ragazzi migranti a smontare le loro tende dal sito che era stato individuato come più opportuno per loro. Fermandosi sul "eseguire gli ordini" si perde talvolta quella sensibilità che sola basterebbe a risolvere tanti problemi. Siamo felici di essere stati immediatamente chiamati dai ragazzi e di essere stati al loro fianco fino a notte inoltrata, per garantire che l'episodio si concludesse con un tetto sopra la testa per tutti. Pensiamo che la multiculturalità sia una risorsa e non una minaccia! Pensiamo che in un territorio come quello emiliano, che storicamente si è tanto battuto per la libertà, la solidarietà e l'uguaglianza sociale, la diffidenza e l'intolleranza nei confronti delle differenze siano da arginare e non certo da incentivare.

Anche per questo lo striscione appeso nel nostro campo si conclude con la frase "La Solidarietà è per Tutti". Una frase che ci ricorda un motto, tra i più apprezzati delle BSA: UNITI SIAMO TUTTO, DIVISI SIAM CANAGLIA.

Noi ci siamo. E voi?

lunedì 6 agosto 2012

[BSA NAZIONALE] ciao Emile..





Nell'entusiasmo e nella soddisfazione che si creano lavorando fianco a fianco, finisce che persone che neppure si conoscono costruiscano un gruppo. Nei giorni in cui si interviene insieme, sembra che quel gruppo non debba sciogliersi mai. Durante l'intervento in Liguria, ficcati nel fango fino alla cintura, abbiamo conosciuto un gruppo di Giovani Comunisti di Parma. Tra questi Emile, appena vent'anni (primo a destra nella foto).
 Quel gruppo s'è sciolto in maniera irreversibile, perchè Emile, oggi non c'è più.
E' stato un immenso piacere conoscerti, è stato un immenso piacere averti accanto per giorni, gomito a gomito.

Che la terra ti sia lieve

I Compagni delle Brigate di solidarietà attiva

sabato 4 agosto 2012

Diario da Cavezzo - Metti una sera a cena...


È stato un successo. Un vero e proprio successo. Mica potevamo esserne sicuri, a dire il vero. E sinceramente alcuni tra noi sino all’ultimo guardavano freneticamente l’orologio chiedendosi “ma arriveranno?”.
E poi…e poi sono arrivati. Prima una coppia giovane col passeggino. Poi due ragazzi magrebini. Poi una signora anziana, e via via un sacco di altri, famiglie, ragazzi giovani, persone di una certa età. Moltissimi di Cavezzo, alcuni anche da paesi limitrofi (oltre, ovviamente, ad una nutrita delegazione dal “campo gemello” della Libera Repubblica di Fossoli).
Era un esperimento ed è riuscito meglio di quanto si poteva sperare.
Cento? Centocinquanta? Di preciso non lo sappiamo ma le persone che ieri sera hanno voluto cenare con noi al Campo di Cavezzo delle Brigate della Solidarietà Attiva erano veramente tante.
Noi c’eravamo preparati al solito modo, tanta inventiva, un pizzico d’organizzazione preventiva e tanta buona volontà nell’improvvisare sul momento!
Volevamo stare un po’ assieme alle persone che avevamo incontrato in questa settimana, i tanti che s’erano rivolti al punto d’ascolto, allo spaccio popolare o raggiunti dalle staffette che battono palmo a palmo il territorio tutti i giorni.
Persone di ogni tipo, vecchi cavezzesi da generazioni piuttosto che migranti arrivati da poco, ragazzi giovanissimi e tante famiglie.
Sono venuti tutti, molti portando con sé un dolce, una bottiglia di vino, un piatto fatto in casa.
Due lunghe tavolate imbandite in cui le pizze di Omar e Daniele (due dei tanti ragazzi di Cavezzo che ormai sono al campo ogni giorno a lavorare coi volontari Bsa giunti da tutta Italia) erano il piatto forte, anche grazie ad un bellissimo forno elettrico prestato da un operatore della zona.
Perché la solidarietà è semplicemente questo: stare assieme, mettendo in comune quanto possibile, per affrontare uniti i problemi che ci sono. Tutto qui, semplice quanto raro da trovare.
Oggi il campo ha ripreso a funzionare come i giorni scorsi, solo con un po’ più di fatica a mettersi in moto al mattino (causa orario un bel po’ prolungato rispetto al solito nella serata di ieri) ma con un bel po’ di energia e fiducia in più dopo quest’ennesima bella esperienza.
Domani è un altro giorno e vedremo cosa ci riserverà, certo il cammino fatto sin’ora fa ben sperare e alcuni piccoli gesti hanno un sapore particolare. Un signore anziano, che da tempo viene a trovarci, ieri s’è presentato con un oggettino piccolo ma prezioso. Una cornice tonda, che sta nel palmo della mano, con dentro un’incisione dei fratelli Cervi. Ha detto “…questa immagine m’ha accompagnato nel corso della vita, ora la consegno a voi!”
Pelle d’oca ieri sera quando l’ha detto e di nuovo ora solamente a scriverlo.

[BSA TUSCIA] anche la Brigata Tuscia si mobilita per il terremoto in Emilia


Anche dalla Tuscia continuano gli aiuti ai terremotati in Emilia Romagna. Dopo la mobilitazione di “Tuscia Solidale” che ha raccolto una grossa quantità di generi alimentari, la solidarietà nella Tuscia continua . Oltre a grandi quantità di generi alimentari e prodotti di prima necessità ,dal nostro territorio si sono mobilitati, in prima linea, molti volontari. Dal primo sisma del 20 maggio ad oggi si sono avvicendati trenta tra ragazzi e ragazze provenienti da diverse realtà territoriali e politiche, giunti nei campi gestiti dalla Brigata di Solidarietà Attiva nella provincia modenese devastata dal terremoto. I volontari si sono dislocati nella tendopoli autogestita di Fossoli (Mo), dove sostengono la popolazione nell'autogestione del campo, e nel campo base di Cavezzo, nel quale svolgono mansioni di distribuzione e stoccaggio dei materiali. Particolarmente importante il lavoro dei volontari nella creazione di punti di ascolto per la gente del posto, fondamentale momento di incontro che si concretizza nella risoluzione sia di problemi pratici che umani, quali : lavoro, disagi psicologici legati al sisma, alla perdita della casa e delle poche aspettative per il futuro. Dal campo base di Cavezzo ogni giorno i volontari partono per le staffette che coprono un territorio di circa 30-40 chilometri e il cui scopo è raggiungere e assistere la popolazione organizzatasi autonomamente fuori dai campi della Protezione Civile,popolazione alla quale non viene data assistenza dalle istituzioni. Questo intervento permette ai volontari di essere più vicini alla gente, e conoscere le reali problematiche del territorio. Il dramma che emerge non è solo quello della casa inagibile, ma soprattutto l'incertezza di una normalità che stenta a tornare.
Il principio che anima il lavoro dei volontari della Brigata di Solidarietà Attiva è il rifiuto dell'assistenzialismo fine a se stesso, e mira invece ad una partecipazione attiva delle persone colpite, nella gestione della emergenza. Ciò emerge nel Campo autogestito di Fòssoli, dove da una parte si stabiliscono nelle assemblee serali il lavoro per giorno successivo, dall'altra i volontari sostengono la popolazione nella pulizia e nella manutenzione del campo, nella gestione della mensa e nello svolgimento delle attività ludiche per i bambini.
Auspicandoci che l'emergenza finisca al più presto, la Brigata invita coloro che si riconoscono nelle pratiche svolte, a sostenere la popolazione colpita ricordando che l'emergenza nonostante l'attenzione mediatica sia calata, è ancora alta.

Per informazioni : bsatuscia@gmail.com 338/3608704

Brigata di Solidarietà Attiva della Tuscia

venerdì 3 agosto 2012

Campagna "Saluti dall'Emilia - Diario da Cavezzo"


L'attenzione mediatica in Emilia è scemata, lo stato di emergenza decretato nel momento inmediatamente successivo al terremoto il 29 luglio è venuto meno, al contrario sono ancora vive le problematicità e le necessità delle popolazioni e del territorio.
Soprattutto in questa fase di transizione la solidarietà non deve arrestarsi, ma vorremmo che fosse portata avanti in sostegno di una terra scossa, ma non abbattuta, che vuole tornare a riprendere in mano le fila della propria esistenza.
 Per questo apriamo la campagna Saluti dall'Emilia-Diario da Cavezzo, una narrazione della quotidianità del territorio emiliano, dei suoi abitanti, dei percorsi di solidarietà avviati sul territorio. Chiediamo quindi a tutti di replicare e diffondere i racconti, attraverso i propri canali mediadici, al fine di favorire la conoscenza dell'attuale situazione e accellerare e rendere trasparente il processo che condurrà questi luoghi a nuova vita. La campagna avrà cadenza quotidiana, i canali di diffusione sono il blog brigatesolidarietàattiva.blogspot.com e la pagina facebook Intervento Terremoto 2012.

Le Volontarie e i Volontari del Campo Bsa di Cavezzo

giovedì 2 agosto 2012

DIARIO DA CAVEZZO: LE FOTO



da: milanoinmovimento.com

(Foto)Diario da Cavezzo – Le immagini del campo della solidarietà!



Molto spesso chi porta aiuti chiede di fotografare ciò che scarica e dove. Non è una forma di vanità, semplicemente si tratta della volontà di dimostrare in modo trasparente a chi ha donato dei contributi come vengono investiti.
Scrivere da Cavezzo non è semplice. Il susseguirsi degli eventi è costante e incalzante, trovare il tempo (ancor più lo spazio mentale) per fare il punto della situazione sembra impossibile. Ci proveremo in ogni caso nei prossimi giorni, soprattutto per raccontare a questo punto non solo e non tanto cosa avviene al Campo delle Brigate della Solidarietà Attiva di Cavezzo, quanto piuttosto com’è la situazione delle popolazioni locali, cosa succede (o non succede) in questo momento in cui i riflettori dei media si sono spenti e sembrerebbe che tutto sia tornato normale. Cercheremo di farlo a più voci e soprattutto a partire dalle testimonianze dirette dei volontari presenti qui e dei tanti cittadini che raccontano la loro situazione e la loro esperienza.
Intanto proviamo a rendere l’idea della situazione attraverso alcune immagini.
(Foto di Veda Moneta)


Uno dei magazzini del campo di Cavezzo in cui vengono raccolti gli aiuti e i beni di prima necessità per la popolazioni colpite dal terremoto.
























Il punto d’ascolto del campo. Le persone che si rivolgono ai volontari raccontano la loro storia, i loro bisogni, spesso per il solo bisogno di parlare con qualcuno, in ogni caso per poter meglio capire come esser loro d’aiuto.


















Allo spaccio popolare i cittadini dei territori colpiti dal terremoto possono ricevere un aiuto in beni di prima necessità.




















Tra i beni che è possibile trovare vi sono vestiti per adulti e bambini. Chi ha perso la casa ha perso anche tutto ciò che essa conteneva.










ringraziamo come sempre i compagni di Milano in Movimento