L’ex
caserma occupata di Livorno ha ospitato l’8 e il 9 Dicembre la
prima autoformazione della rete “Campagne in Lotta” che si pone
in continuità con quella organizzata lo scorso Giugno, sempre all’ex
caserma occupata, dalle BSA (Brigate di Solidarietà Attiva).
La
rete, nata sull’onda della rivolta di Rosarno del gennaio 2010 è
composta da lavoratori stranieri, piccoli produttori, gruppi di
acquisto solidale e militanti. Nell’ultimo anno questa realtà
eterogenea è cresciuta, articolando la sua azione su due piani: uno
interno, favorendo lo scambio delle esperienze vissute dalle singole
soggettività politiche che ne fanno parte, dallo sciopero auto
organizzato dei braccianti della masseria Boncuri a Nardò (Lecce)
nel 2011, alla lotta dei braccianti africani a Saluzzo (Cuneo)
supportati dal comitato antirazzista, solo per fare qualche esempio.
L’altro piano è quello della costruzione pratica e politica di
progetti collettivi come la partecipazione al campo “Io ci Sto”
al Gran Ghetto di Rignano Garganico (Foggia).
Quindi,
in un processo di ricomposizione politica che mette insieme diverse
istanze e soggettività, l’autoformazione assume un ruolo centrale,
creando uno spazio di discussione collettiva nel quale si
approfondiscono le tematiche alla base degli interventi pratici nei
territori.
Le due
giornate livornesi sono state dedicate allo studio ed alla
discussione sia dei permessi di soggiorno, in termini di diritti,
doveri, validità e conversione; sia delle condizioni di lavoro,
partendo dai contratti collettivi nazionali e provinciali nel settore
agricolo, per arrivare a parlare delle esperienze dirette di lavoro
in agricoltura ed altrove, e della totale destrutturazione del
lavoro, delle competenze e dei percorsi pregressi.
Infatti,
l’intersecarsi della legge sull'immigrazione, che altro non fa che
istituire il reato di disoccupazione, con la totale precarizzazione
del mondo del lavoro, produce emarginazione e sfruttamento, in
particolar modo tra i soggetti più deboli,
come i lavoratori stranieri, tanto nelle campagne del Sud o nelle
cooperative della logistica al Nord quanto
nella totalità del mondo del lavoro.
Questo meccanismo è potenziato dall'ennesima stretta di politiche
liberiste e di abbattimento dello stato sociale con cui il governo
italiano e l'UE pretendono di uscire dalla crisi economica, che
colpisce trasversalmente stranieri e italiani, anche se con diversi
gradi di ricattabilità, unitamente alla costante gestione
emergenziale del fenomeno migratorio.
In
particolare il settore agricolo è usato sempre più come
laboratorio di sperimentazioni liberiste, è ed infatti l'ambito in
cui le contraddizioni sono più evidenti ma anche quello in cui è
più difficile intervenire a causa della dispersione - lavorativa ed
abitativa - dei lavoratori sul territorio e dei numeri sempre più
elevati di presenze nelle campagne, dovuti ai numerosi licenziamenti
di lavoratori stranieri dalle aziende e cooperative del Nord. Questi
sono quindi costretti ad adeguarsi, nella speranza di lavorare
qualche giornata in nero o al massimo con un finto contratto, vivendo
molto spesso isolati e lontani dai centri abitati e dai servizi.
In
questo quadro la rete, attraverso pratiche collettive ed organizzate
dal basso, con i territori, ha provato ad introdurre elementi di
consapevolezza ed autorganizzazione tra i lavoratori in questione,
cercando di rompere l'isolamento e lo sfruttamento.
Nel
concreto a gennaio partirà l'intervento nella Piana di Gioia Tauro,
in vista della raccolta delle arance, che durerà fino a marzo.
L'azione della rete si concentrerà soprattutto
a Rosarno, simbolo di un sistema di accoglienza assolutamente
fallimentare, che si inserisce in un territorio che presenta enormi
difficoltà strutturali, come l'alto di tasso di disoccupazione che
coinvolge la stessa popolazione locale.
Alla
luce di questo quindi l'intervento della rete si articolerà in due
direzioni. Da una parte sono previste una serie di attività da
svolgere con gli immigrati, giunti per la stagione di raccolta,
insieme alle organizzazioni e ad integrazione dei servizi già
presenti nel territorio, quali il corso di italiano (attraverso il
quale, oltre a fornire gli strumenti per la comprensione della lingua
italiana, viene dedicata particolare attenzione alle questioni
relative al mondo del lavoro, in termini
di diritti e di accesso ai servizi); la ciclofficina (spesso la
bicicletta è l'unico mezzo con il quale i lavoratori stranieri si
muovono senza pagare); l'attivazione di uno sportello legale; la
creazione di momenti di dibattito e confronto rispetto a diverse
tematiche (ricordiamo ad esempio l'iniziativa informativa sull'ultima
sanatoria, che è stata svolta questa estate a Rignano Garganico); la
distribuzione di materiale, tradotto in più lingue, relativo alla
presenza dei servizi locali e dei trasporti pubblici; ed altro
ancora. Queste pratiche, oltre a fornire e facilitare, in parte,
l'accesso ai servizi, sono prima di tutto un momento di
conoscenza sia reciproca (tra lavoratori stranieri ed italiani) sia
rispetto ai propri diritti ed alla possibilità di intervento,
ponendo le basi per articolare percorsi vertenziali e di lotta.
Dall'altra
parte si dialogherà anche direttamente con i lavoratori italiani
locali, che soffrono la stessa disoccupazione ed irregolarità
lavorativa, anche se con gradi di sfruttamento molto diversi (un
esempio per tutti riguarda i portuali dell'interporto di Gioia Tauro,
che da anni lottano, in modo del tutto autorganizzato, per difendere
il posto di lavoro), cercando di favorire la conoscenza e l'incontro
dei diversi percorsi di indipendenza e di lotta tra italiani e
stranieri. Più in generale, l'intervento punta a promuovere il
dialogo tra italiani e stranieri a partire da una situazione di
marcata ostilità della popolazione locale nei confronti dei
lavoratori migranti.
L'obiettivo
è quello di avviare dei percorsi di liberazione dallo sfruttamento
lavorativo, che sembra essere una componente imprescindibile e
funzionale al sistema economico-produttivo locale, e non solo. Per
provare quindi a far saltare il meccanismo e creare alternative
all'isolamento ed all'assenza di prospettiva, è quanto mai
necessaria una effettiva ricomposizione ed unità tra i lavoratori.