Ancora una volta nella Milano arancione una realtà
autogestita viene sgomberata nel silenzio assordante del Sindaco e della
giunta. Le BSA esprimono tutta la loro solidarietà a Zam, centro sociale
occupato e autogestito nel quartiere Barona a Milano. In questi due anni Zam ci
ha più volte ospitati per raccontare le nostre esperienze sotto la torre di
Imbonati, nell’emergenza a Lampedusa, al fianco dei braccianti di Nardò. I
compagni della Zona Autonoma ci hanno accolti per un’assemblea nazionale, ci
hanno aiutato a distribuire le arance di Rosarno, hanno organizzato raccolte di
beni per il terremoto in Emilia e insieme a noi sono scesi nei campi
autogestiti della bassa a portare solidarietà attiva ai terremotati.
Ma la vicinanza che sentiamo di esprimere a tutto il collettivo
Zam non dipende solo dalle molteplici collaborazioni che ci hanno visti
lavorare fianco a fianco in questi anni. Siamo convinti che Milano abbia sempre
più bisogno di realtà come questa, dove l’autogestione prende forma restituendo
alla città spazi abbandonati al degrado, dove la cultura, la socialità, lo
sport diventano ricchezze fruibili al di fuori delle logiche di mercato, dove
il conflitto si anima di radicalità inclusiva e dove le persone possano trovare
luoghi di libera espressione, confronto e crescita.
Le manganellate di ieri sera sotto palazzo Marino, i
molteplici sgomberi che si susseguono in preoccupante continuità con la giunta precedente,
la polizia che carica gli studenti in Università, la messa a bando di spazi che
da anni supportano l’autorganizzazione dal basso, sono tutti segnali di
intolleranza al dissenso e all’autogestione che mostrano una metropoli restia
al cambiamento e continuamente avviluppata su politiche securitarie e
legalitarie del tutto incapaci di cogliere il genuino desiderio di partecipazione
e autodeterminazione che rappresenta una risorsa da valorizzare anziché contrastare.
Che fine farà ora lo spazio di via Olgiati 12? La tutela
della proprietà privata, in assenza di progetti sull’area, è ancora una volta
strumento di accondiscendenza alle logiche speculative a discapito delle
esperienze reali di costruzione di progettualità e autogestione dal basso. Lo
sgombero non sarà stata diretta volontà dell’amministrazione, ma certo un
segnale politico differente, senza nascondersi ancora una volta nei meccanismi
normalizzanti dei bandi, avrebbe restituito a Zam e non solo il dovuto
riconoscimento per chi ogni giorno anima in prima persona luoghi di costruzione
di una realtà diversa.
Per approfondire:
#Stay Zam – i sogni continuano
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