[CAMPAGNE IN LOTTA] Saluzzo Info: nascondendo la polvere sotto il tappeto ( o dietro una rete)
Saluzzo (CN) – Il primo di luglio il divieto di bivacco è scaduto (assieme all’ordinanza di sgombero, applicata solo al foro Boario). Le persone rimangono dove hanno stretto relazioni umane e di sostegno reciproco con i propri connazionali e con chi si trova nella loro stessa situazione: il campo è risorto da zero in poco tempo (anche perchè dove altro andare?). Nulla è cambiato quindi, dopo il “finto” sgombero, tranne il numero dei lavoratori accampati, salito oggi a più di 500: si sta creando un vero e proprio piccolo villaggio in cui vige una legge informale di accordo.
Il secondo venerdì di luglio si è deciso di allestire un presidio permanente al foro Boario di Saluzzo, collaborazione tra le realtà della rete Campagne in Lotta (tra cui il Comitato antirazzista Saluzzese e le Brigate di Solidarietà Attiva). La presenza permanente consiste in due gazebo per allestire un centro di aggregazione con due tavoli, una tenda, una ciclofficina che mette a disposizione materiali e utensili per riparare le biciclette (unici mezzi di trasporto per i ragazzi per spostarsi nelle campagne), un biliardino, un generatore di corrente per caricare le batterie dei cellulari e per mettere un po’ di musica da una vecchia radio. Inoltre, a breve, all’interno del presidio si ospiterà un banchetto informativo sull’assistenza sanitaria, sulla scuola di italiano (che è iniziata da una settimana nei locali vicino al circolo ‘Ratatoj’ e ha cadenza settimanale, il mercoledì alle 19) e altre attività future, soprattutto sul fronte informativo rispetto al lavoro stagionale.
La reazione del Comune non si è fatta attendere. La mattina di sabato 13, in concomitanza col mercato agricolo, polizia municipale, digos e carabinieri hanno fotografato il presidio e segnato i nomi dei “bianchi” che erano presenti al foro. E’ stato chiesto di togliere le tende che non sono dei migranti, minacciandoci di denuncia per occupazione di suolo pubblico. Alle nostre rimostranze hanno risposto spiegando che i migranti sono “tollerati” in quanto è stata riconosciuta per Saluzzo l’emergenza umanitaria, che ha comportato una certa forma di tutela dei lavoratori.
Il problema è che di questa emergenza, se mai si possa ritenere emergenza un fenomeno che si ripete ogni anno, non c’è traccia in nessun documento ufficiale e il Governo non ha dichiarato nessuno stato eccezionale a Saluzzo, neppure dopo l’interrogazione parlamentare presentata proprio a questo scopo.
Così la domanda che viene spontanea, preso atto del fatto che non sgomberano i migranti perchè non sanno cosa fare nè dove mandarli, è: perchè non vogliono bianchi a vivere insieme ai migranti al Foro?
Non è che forse il Comune, che non sa come fare ma ha avuto la superbia di rigettare già una volta la collaborazione delle associazioni di volontariato, non vuole nessuna intromissione nella gestione di questa storia? Non dovrebbe infatti essere ben vista la presenza di alcune realtà che si occupano di formazione, informazione e tutela dei diritti di queste persone?
Ci auguriamo che il fine del Comune non sia isolare i ragazzi al Foro, lasciarli lì per l’intera stagione, ospitando nel campo container solo chi lavora, abbandonando i disoccupati nella speranza che se ne vadano da soli.
Ad oggi ci si ritrova con 506 persone presenti al foro, che non avranno accesso al “progetto accoglienza” nei container della Coldiretti (pagati con soldi della Cassa di Risparmio di Cuneo – 30mila euro). Questi ospiteranno le persone che hanno lavorato gli anni scorsi e hanno mantenuto un rapporto con il datore di lavoro, che ha promesso loro un contratto per quest’anno dicendogli di venire solo quando inizierà la stagione. I posti nei container sono 120, dislocati in Saluzzo e nei paesi limitrofi.
Quindi ci si trova di fronte al fatto che più di 500 persone sono al foro e ben pochi (si pensa massimo 20 persone) avranno diritto di entrare nel progetto (questi sanno già che lavoreranno e che avranno un tetto), gli altri rimarranno al foro e vedranno entrare nei container persone arrivate apposta.
All’ “inaugurazione” dei container sono stati chiamati tutti gli alti piani dell’amministrazione che, davanti alle televisioni locali e una rete nazionale hanno raccontato di aver risolto il problema dell’accoglienza. Di fronte alle domande: “per i ragazzi del foro che sono esclusi dal “piano”? chi troverà lavoro più tardi e chi non lo troverà? Avete pensato che il problema vada oltre la sola questione del lavoro e le persone siano prima di tutto esseri umani?” la risposta è stata che le istituzioni (con Coldiretti ed altri) hanno fatto ciò che potevano, magari si riuscirà a trovare altro, ma “quello che potevamo fare, l’abbiamo fatto”. Queste risposte sterili sono state accompagnate da erronei dati di occupazione e stima dei contratti, anche rispetto all’anno scorso, e inoltre le persone che hanno posto domande legittime sono state timbrate come “area renitente”. La situazione quindi non è cambiata in meglio, anzi le persone saranno ancora di più e non appena inizierà la stagione (ormai un mese e mezzo in ritardo), ci saranno più persone senza lavoro e senza un tetto che quelle che riusciranno ad ottenerli. Il corto circuito tra i numeri previsti e quelli reali è presto esploso e a poco serviranno le giustificazioni del Comune per migliorare la situazione reale.
Quando ai container potranno accedere le persone con contratto (dalle 8.30 di mercoledì 17 luglio), ci si troverà di fronte a due campi al foro boario: il primo di fianco al mercato del bestiame con dieci container da 6 letti ciascuno, stendini, tavoli, una cucina comune e due bagni. A cinquanta metri il foro boario con 8 volte le persone, con una fontana a 400 metri, con due bagni a 200 metri e due docce (si passa di fronte alla scritta di una ditta che si chiama “Saluzoo”…) .
Il campo è recintato e chiuso. Sarà chiuso di giorno, aprirà a fine giornata lavorativa e ci sarà qualcuno che avrà il compito di controllare che entri solo chi avrà il famigerato braccialetto o pass per potervi entrare. Poi il campo chiuderà durante la notte per riaprire la mattina entro l’inizio della giornata lavorativa. Inoltre il “Campo della Coldiretti” è interamente recintato per non renderlo accessibile ai ragazzi del foro, perché non si vuole che questi vengano a dormire né incontrare negli orari di apertura i loro connazionali al suo interno.
Per noi questa esperienza non è una novità: già a Rosarno abbiamo affrontato il problema di un’accoglienza che assomiglia sempre di più alla detenzione carceraria.
Quindi chi avrà l’accesso al Campo sarà più libero e più tutelato? Non sembrerebbe. Sicuramente avrà un tetto, ma paradossalmente anche in galera si ha un tetto, cibo e acqua, ma a differenza che in prigione non si pagano 1,50 euro al giorno come al campo. Quindi ci viene da pensare: il lavoro rende liberi? Se avere un posto al chiuso vuol dire vedere le proprie libertà limitate in questo modo, allora c’è qualcosa che non va. Umanamente non va. Trovare un lavoro non deve diventare un costringere le persone a limitare la propria vita e le proprie libertà. Tutto questo in un contesto di endemico di lavoro grigio (i contratti si fanno, ma quasi mai si segnano tutte le giornate di lavoro), di applicazione di un contratto agricolo provinciale che prevede salari davvero bassi e in totale assenza di validi indici di congruità (ovvero un indice che faccia la proporzione tra l’estensione del terreno e la giusta quantità di lavoratori necessari).
Per giunta, anche la natura ha fatto i suoi scherzi: sabato notte verso le 4.30 c’è stato un forte temporale con vento e pioggia che ha danneggiato le tende e allagato il campo. I ragazzi hanno mantenuto la calma e hanno aggiustato le tende, le abitazioni costruite con legno e teloni e tirato fuori le bici e i bancali dai canali intasati per consentire che si svuotassero. Nessuno è passato la mattina dopo il temporale, che in città ha buttato giù svariati alberi, per chiedere e vedere se i ragazzi stessero bene, né la Croce Rossa, né le forze dell’ordine, né le stesse istituzioni che hanno creato questo spazio in cui il diritto dei lavoratori è sospeso, in cui la legge vigente è solo quella repressiva, in cui l’uomo non è considerato un essere umano, ma solo una macchina che produce lavoro.
Ciò che ognuno di noi può fare non sarà trovare una casa e un lavoro per chi è accampato al Foro, non è il nostro compito sostituirsi allo Stato, ma stare al loro fianco: vogliamo provare a costruire insieme momenti di discussione orizzontale, parlare della vita quotidiana al campo, portare avanti la scuola d’italiano e gli sportelli sanitario e sindacale, vogliamo parlare di lavoro, di sfruttamento, costruire insieme una visione critica della produzione agricola italiana e non solo, vogliamo parlare dell’esperienza di Rosarno, mettere i migranti di Saluzzo in contatto e relazione con quelli di Foggia (visto che in contemporanea altri militanti della Rete Camapagne in Lotta sarannò a San Severo e dintorni), organizzare un fronte di rivendicazione perchè la vita nel campo container non assomigli a quella di un carcere per lavoratori.
Ribadiamo la necessità di avere altri volontari, altri militanti consapevoli, che abbiano voglia di aiutarci, di venire a toccare con mano la situazione, di vivere un’esperienza di militanza concreta.