Palazzo san Gervasio è un paesino
arroccato su una collina in provincia di Potenza, circondato da una
campagna coltivata a monocoltura (Grano e pomodoro tardivo)
scarsamente abitata. Ci sono tanti casolari abbandonati in cui si
rifugiano i migranti durante la stagione della raccolta che dura
suppergiù da metà agosto a metà ottobre. Fino al 2009 era attivo
un campo di accoglienza in cui i lavoratori potevano trovare acqua,
cibo, posti per dormire e bagni. Nonostante la cattiva gestione (non
esiste ad oggi una rendicontazione delle spese, il che fa supporre
che i gestori abbiano molto speculato sull'intero progetto) il campo
aveva molti pregi tra cui quello di mantenere i migranti piuttosto
vicino al paese e più indipendenti, almeno dal punto di vista dei
bisogni primari,dai caporali. La chiusura del campo ha portato i
migranti a cercare riparo, in condizioni disumane, nei piccoli
casolari, residuo della riforma agraria degli anni 50, dislocati
nella campagna. Sono strutture diroccate (alcune fuori dai limiti
dell'agibilità) senza acqua e elettricità, di poco più di 30-40
metri quadrati, in cui capita che si trovano a convivere anche 30 o
40 (talvolta di più) migranti. Alcuni di questi casolari si
trovavano vicino al paese, ma il Comune di Spinazzola ha deciso di
costringere i proprietari delle masserie a metterle a norma, oppure
murarle o abbatterle. I migranti si sono dovuti quindi allontanare
dalle zone circostanti i paesi abitati e gli unici tetti che sono
riusciti a trovare sono lontani dai paesi: zone come Boreano, piccolo
paesino ormai del tutto disabitato a 20 km da Palazzo S.G, sono
diventati veri e propri “ghetti” in cui i migranti vivono
confinati in totale balia dei caporali. Nei vari casolari i
lavoratori vivono divisi sia per gruppi etnici sia per “appartenenza”
allo stesso caporale: ogni spostamento da un casale ad un altro
comporta una violazione dei “confini” di proprietà del caporale,
severamente punito. Alcuni vivono controllati a vista: situazione più
eclatante quella di un gruppo di sudanesi che risiedono in zona Santa
Lucia, in cui i caporali impediscono l'accesso sia all'Omb
(osservatorio Migranti Basilicata) che ad Emergency (presente nella
zona col “polibus” un ambulatorio mobile).
La totale mancanza di acqua, cibo e energia elettrica rende i migranti del tutto dipendenti dai caporali che ovviamente non perdono l'occasione per lucrarci: l'acqua è fornita spesso dai caporali (i migranti difficilmente hanno i mezzi per spostarsi e per raggiungere le fonti di acqua vicine)a costi variabili da 5 ai 15 euro secondo la quantità. Spesso gli unici mezzi di trasporto che i lavoratori hanno a disposizione sono i mezzi di trasporto dei caporali stessi.
La totale mancanza di acqua, cibo e energia elettrica rende i migranti del tutto dipendenti dai caporali che ovviamente non perdono l'occasione per lucrarci: l'acqua è fornita spesso dai caporali (i migranti difficilmente hanno i mezzi per spostarsi e per raggiungere le fonti di acqua vicine)a costi variabili da 5 ai 15 euro secondo la quantità. Spesso gli unici mezzi di trasporto che i lavoratori hanno a disposizione sono i mezzi di trasporto dei caporali stessi.
Il
lavoro è pagato a cottimo: dai 3. 50 euro ai 5 euro per un cassone
di pomodori (circa 3 quintali), per un massimo di 5 cassoni a
giornata. Da questi vengono detratte le spese per il cibo, l'acqua e
i trasporti forniti. I caporali ricevono invece anche 10 euro a
lavoratore che riescono a schiavizzare”. In ogni caso anche la paga
non è garantita: i caporali pagano spesso solo a fine settimana
(sono così sicuri che i braccianti non se ne andranno), talvolta non
pagano per niente. Ovviamente gli ingaggi regolari sono quasi
inesistenti. Se fino a dieci anni fa i caporali erano solo italiani,
dal 1998 sappiamo ufficialmente della presenza di caporali
extracomunitari. Altra forma di lucro dei caporali è quella dei
nulla osta per i lavoratori: i caporali ne chiedono anche più di
quanti ne abbisognano per poterli rivendere a prezzi che arrivano
fino a 7000 euro.
A tutto questo si aggiunge il pessimo comportamento delle istituzioni: eccetto un progetto provinciale di assistenza ai migranti molto limitato, le istituzioni hanno deciso di affrontare il problema migranti in meri termini di ordine pubblico. Frequentemente si ricorre alle forze del “disordine” per lo sgombero forzato dei migranti dai loro miseri ripari. L'ultima trovata del ministero dell'Interno è stata addirittura, in conseguenza della fantomatica “emergenza tunisina”, la costruzione di un Ciet (centro di identificazione ed espulsione temporaneo): un campo che inizialmente doveva essere di accoglienza e che è stato progressivamente trasformato in un lager (dapprima le tende sono state circondate da una altissima gabbia metallica poi si è costruito nell'ultimo mese un altissimo muro di cemento armato). Sulle condizioni dei migranti entro quel centro è difficile farsi un'idea: c'è una direttiva del Ministero dell'Interno dell'Aprile di quest'anno che impone il segreto entro ogni Cie e vieta l'entrata dei giornalisti. In ogni caso la repubblica è riuscita a mettere on line un video girato dai migranti stessi in cui si mostrano tentativi di fuga, pestaggi e la famigerata gabbia.
La situazione è chiaramente estremamente difficile: vi si trova una strana “collaborazione” tra caporali, Sacra Corona e istituzioni che fanno di tutto per mantenere in condizioni di schiavitù i lavoratori. Non è pensabile che la raccolta dei pomodori nella provincia di Potenza dia vita ogni anno ad una “emergenza invasione” a cui fare fronte a suon di manganelli, Cie e lavoro nero.
Le Brigate hanno deciso di portare la loro opera anche in queste zone, estendendo la Campagna Ingaggiami e la Lega dei Braccianti alla zona di Palazzo San Gervasio, in stretta collaborazione con l'Associazione Michele Mancino e l'Osservatorio Migranti Basilicata, uniche realtà che nella zona escono dalla logica razzista , securitaria e emergenziale costruita attorno ai lavoratori stagionali e che si prodigano realmente per spezzare la catene del caporalato.
A tutto questo si aggiunge il pessimo comportamento delle istituzioni: eccetto un progetto provinciale di assistenza ai migranti molto limitato, le istituzioni hanno deciso di affrontare il problema migranti in meri termini di ordine pubblico. Frequentemente si ricorre alle forze del “disordine” per lo sgombero forzato dei migranti dai loro miseri ripari. L'ultima trovata del ministero dell'Interno è stata addirittura, in conseguenza della fantomatica “emergenza tunisina”, la costruzione di un Ciet (centro di identificazione ed espulsione temporaneo): un campo che inizialmente doveva essere di accoglienza e che è stato progressivamente trasformato in un lager (dapprima le tende sono state circondate da una altissima gabbia metallica poi si è costruito nell'ultimo mese un altissimo muro di cemento armato). Sulle condizioni dei migranti entro quel centro è difficile farsi un'idea: c'è una direttiva del Ministero dell'Interno dell'Aprile di quest'anno che impone il segreto entro ogni Cie e vieta l'entrata dei giornalisti. In ogni caso la repubblica è riuscita a mettere on line un video girato dai migranti stessi in cui si mostrano tentativi di fuga, pestaggi e la famigerata gabbia.
La situazione è chiaramente estremamente difficile: vi si trova una strana “collaborazione” tra caporali, Sacra Corona e istituzioni che fanno di tutto per mantenere in condizioni di schiavitù i lavoratori. Non è pensabile che la raccolta dei pomodori nella provincia di Potenza dia vita ogni anno ad una “emergenza invasione” a cui fare fronte a suon di manganelli, Cie e lavoro nero.
Le Brigate hanno deciso di portare la loro opera anche in queste zone, estendendo la Campagna Ingaggiami e la Lega dei Braccianti alla zona di Palazzo San Gervasio, in stretta collaborazione con l'Associazione Michele Mancino e l'Osservatorio Migranti Basilicata, uniche realtà che nella zona escono dalla logica razzista , securitaria e emergenziale costruita attorno ai lavoratori stagionali e che si prodigano realmente per spezzare la catene del caporalato.
Saremo presenti, come sempre nel limite delle possibilità imposte alle Brigate dalla sua natura di realtà autorganizzate e autofinanziate, laddove ci siano margini di intervento pratico e politico di lotta contro lo sfruttamento generato dai padroni e malavita organizzata, contro il caporalato e il razzismo: Palazzo san Gervasio è una di queste realtà.
BRIGATE DI SOLIDARIETA' ATTIVA
BRIGATE DI SOLIDARIETA' ATTIVA