di Annalisa Melandri — www.annalisa melandri.it
TOCOA, BAJO AGUÁN —
Ci troviamo a Tocoa, dipartimento di Colón, nella regione del Bajo
Aguán, una delle zone più fertili dell’ Honduras e forse di tutta
l’America centrale.
Questa terra fa gola a molti, per questa terra i tre latifondisti più
potenti del paese, Miguel Facussé,
René Morales e Reynaldo Canales, con la complicità e l’avallo dello
Stato stanno portando avanti una vera e propria guerra contro le
comunità contadine e rurali, guerra che in due anni, dal 2010 ad oggi,
ha registrato un bilancio di oltre 50 contadini uccisi dai membri
degli “eserciti” privati di questi signori che agiscono in totale
complicità e sinergia con le forze di repressione dello Stato
honduregno, polizia ed esercito, anche nello scambio delle divise. I
contadini raccontano perfino di stranieri, forse colombiani, al soldo
dei latifondisti locali.
Fervono proprio in questi giorni i preparativi per l’ Incontro
Internazionale dei Diritti Umani in solidarietà con il Bajo Aguán, che
inizia formalmente oggi e che andrà avanti per i prossimi tre giorni.
L’incontro è nato dalla necessità di un gran numero di diverse
associazioni e dall’appello diffuso dal recentissimo Osservatorio
Permanente dei Diritti Umani dell’Aguán, di
poter avere uno sguardo acceso su quanto sta accadendo in questa zona
del paese. Le adesioni, anche internazionali, sono andate ben oltre
ogni aspettativa. Stiamo aspettando in questi giorni a Tocoa oltre un
migliaio di partecipanti, provenienti da diversi paesi dell’America
latina, ma anche dell’Europa e degli Stati Uniti.
Tale iniziativa, così come la costituzione dell’Osservatorio Permanente
nel novembre scorso, si è resa necessaria ed urgente visto il clima
di violenza e le gravi, numerose e sistematiche violazioni dei diritti
umani registrate contro i membri delle comunità contadine e indigene
dell’Aguán.
L’aggettivo “sistematiche” non è usato a caso. Ormai non si tratta
soltanto di casi isolati ma le violazioni
dei diritti umani (parliamo di omicidi, minacce, militarizzazione del
territorio e delle comunità, detenzioni arbitrarie, liste di persone da
eliminare) sono diventate ormai una vera e propria politica, nonché
strategia economica, di Stato.
“Nasce dal nostro seno, dalle organizzazioni del Bajo Aguán l’idea di
avere un Osservatorio Permanente dei Diritti Umani e dallo stesso
Osservatorio ci proponiamo alcune linee di azioni quali per esempio la
presenza costante e attiva durante gli sgomberi dei territori” ci spiega
Heriberto
Alemán, coordinatore dell’Osservatorio.
E continua: “Già a partire dal 2001 un gruppo di contadini
organizzati aveva iniziato un processo di recupero di terre con la
forza. E quando dico con la forza vuol dire che essi presero la
decisione di entrare nelle terre perché lo Stato non li aveva mai
ascoltati. Siamo andati avanti per anni davanti ai tribunali, ma oltre
alla
firma di accordi che non sono mai stati rispettati, non abbiamo mai
ricevuto una risposta concreta. In questo modo abbiamo recuperato oltre
4mila ettari di terra della riforma agraria”.
Questi contadini ci dicono che quello che reclamano in sostanza è soltanto
un pezzo di terra dove poter vivere e dove poter trarre sostentamento per le loro famiglie.
Ma iniziamo dal principio: in Honduras una riforma agraria del 1974
destinò molte terre dell’Aguán ad alcune organizzazioni contadine
perché la lavorassero e mettessero
in produzione.
Tuttavia, a partire dagli anni 90, con l’avanzata di quelle stesse
politiche neoliberali che ora stanno condannando alla fame e alla
miseria milioni di contadini in tutta l’America latina e centrale,
attraverso diversi meccanismi, alcuni violenti
come l’esproprio con la forza, altri più subdoli, come l’inganno o la
negazione in vario modo dell’accesso al credito agrario, tutte quelle
terre (che vengono chiamate ora “della riforma agraria”) sono state
sottratte alle organizzazioni contadine e sono finite nelle mani dei
grandi latifondisti che abbiamo citato prima.
La legge di Modernizzazione e Sviluppo del Settore Agrario del 1992,
impulsata dal governo di Callejas (1990–1994) ed elaborata da Roger
Norton, assessore
dell’USAID e dal Comitato di Produttori per la Politica Agraria,
sostituì la legge di riforma agraria del 72 e aprì quindi la strada al
grande potere economico e politico dei latifondisti, industriali,
importatori ed esportatori del settore agropecuario, decretando di fatto
la fine delle cooperative agricole.
La lotta nell’Aguán va avanti quindi ormai da decenni, non si deve pensare che sia una conseguenza del colpo di Stato. Il golpe del
giugno del 2009, con il quale è stato cacciato dal paese il
presidente legittimo Manuel Zelaya, ha soltanto reso più violento un
conflitto già preesistente (che Manuel Zelaya tuttavia stava cercando di
risolvere) e ha conferito il marchio dell’impunità ai crimini che sono
stati commessi contro i contadini organizzati.
I
rappresentanti delle organizzazione contadine che abbiamo incontrato negliasentamientos (i
territori occupati dove vivono e lavorano) e con i quali abbiamo
conversato a lungo, chiedono che non si spengano i riflettori sul Bajo
Aguán dopo l’incontro
internazionale che inizia domani e si conclude lunedì.
Maggiore attenzione da parte della comunità internazionale è infatti il
reclamo più grande che emerge da tutti gli incontri avuti con i membri
delle comunità contadine organizzate. Sebbene sia indubbiamente vero che
l’attenzione della comunità internazionale rappresenti un deterrente
alle manifestazioni di forza contro i contadini o agli abusi e alle
violazioni dei diritti umani sia da parte dello Stato ma anche degli
“eserciti” privati (che si avvalgono come abbiamo visto anche della
forza pubblica) è altrettanto vero che quando si tratta di occupazioni
di terre l’ipocrita senso di rispetto della proprietà privata (anche
laddove sia stata acquisita illegalmente o con la forza o in maniera
fraudolenta) incute timore in alcune associazioni internazionali che si
schierano sempre con molta reticenza a fianco dei contadini
organizzati che portano avanti questo tipo di lotta.
Fino a quando il diritto alla proprietà privata sarà difeso dalle nostre
costituzioni anche con l’uso delle armi contro il popolo, fino a
quando questo diritto sarà considerato prioritario rispetto al diritto
alla terra e di conseguenza al diritto all’alimentazione dei popoli, le
lotte contadine saranno sempre macchiate di dolore, sudore e sangue.
Fino a quando i militanti, i difensori dei diritti umani, i politici, i
cittadini attivi e responsabili non saranno intimamente convinti della
profonda ingiustizia che risiede nel fatto che migliaia di ettari di
terra siano nelle mani di una sola persona e che migliaia di contadini
non abbiano un tetto sulla testa o un pezzetto di terra dove piantare
una sola piantina di mais, oltre al diritto alla terra verranno negati
anche il diritto a una
vita decorosa, il diritto all’alimentazione, il diritto al lavoro e il
diritto alla vita.
Per info sull'incontro internazionale : http://mioaguan.blogspot.com/
Annalisa Melandri