giovedì 23 giugno 2011

Chi lucra sull'«emergenza»-- articolo tratto da "Il Manifesto"

 di Cinzia Gubbini
PROFUGHI - La politica di «accoglienza» italiana: un monumento allo spreco
Chi lucra sull'«emergenza»
Il governo ignora i servizi di accoglienza esistenti. Ma pagherà 40 euro per profugo al giorno a una rete «parallela»

Profughi ospitati in alberghi, o in strutture private, gestite magari da cooperative che non si sono mai occupate di questioni legate all'immigrazione, e che non sanno dove mettere le mani se non offrire un servizio minimo: un letto e i pasti caldi. insomma, l'italia fa tutto il contrario di quanto prevedono le direttive europee, che pure parlano chiaro: i richiedenti asilo devono essere inseriti in percorsi di integrazione, che comprendano servizi di orientamento legale, psicologico e lavorativo. E non si tratta di essere buonisti, per quanto non ci sia nulla di male a essere buoni con chi fugge da guerre e persecuzioni, ma di una linea che coniuga i diritti delle persone a una buona gestione della cosa pubblica: non ha senso lasciare a «bagnomaria» persone che otterranno con ogni probabilità un titolo di soggiorno, vista la loro provenienza.
In Italia, al contrario, l'emergenza profughi che ha segnato questo 2011, oltre ad essere ricordata per le stragi in mare e per aver sentito il ministro dell'Interno Roberto Maroni definire quello di Bengasi un «porto sicuro» dove respingere i profughi, dovrà essere ricordata come il monumento allo spreco. E' stata creata infatti una rete di accoglienza del tutto parallela a quella «ufficiale» - che pure esiste - e perlopiù gestita privatamente. E una rete che costa.
In media 40 euro a «ospite», quando nel circuito Sprar (il Servizio per i richiedenti asilo e rifugiati che fa capo all'Associaizone dei Comuni) se ne pagano 35 - di cui il 20% a carico del progetto stesso - e con ben altri servizi.
La situazione è ovviamente molto diversa da regione a regione. Ma una cosa accomuna tutti: si lavora, per decisione del governo, in «emergenza». La «cabina di regia» - che si riunisce di nuovo domani - è diretta dal Commissario straordinario, il capo della Protezione civile Franco Gabrielli. A livello regionale il coordinamento è nelle mani dei vari referenti della Protezione Civile, che perlopiù lavorano gomito a gomito con le Regioni.
Ma ci sono anche casi, come in Veneto, in cui il governatore ha deciso di «dimissionarsi», cosicché in campo è entrata la Prefettura di Venezia. Ma come è la situazione in Veneto? «Il problema non sono le strutture, ma il progetto: inesistente. Quaranta euro per dare un letto e i pasti, schiuma da barba e shampoo e se proprio va bene un corso di italiano organizzato non si sa come», ci racconta Nicola Grigion di MeltingPot Europa, «senza contare che queste persone non hanno ancora potuto chiedere asilo».
La situazione veneta non è neanche la peggiore. A Borgo Tre Case, in provincia di Napoli, dove 101 persone sono ospitate in un albergo alle pendici del Vesuvio, non si ancora con quale prospettiva: da informazioni raccolte da alcuni attivisti della zona, infatti, nessuno di loro avrebbe avuto ancora la possibilità di formalizzare la richiesta di asilo. Chiaro che una situazione del genere dovrebbe essere soltanto provvisoria, ma intanto sono passati due mesi. I terremotati napoletani negli alberghi ci sono stati anni - tra l'altro proprio in quell'albergo, che incidentalmente è di proprietà di uno dei coordinatori locali di Forza Italia.
Una ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri, firmata il 13 aprile, prevede un «acconto» alla Protezione civile per gestire l'emergenza di 30 milioni di euro. Ma se non si deciderà di cambiare rotta 30 milioni di euro saranno davvero solo un antipasto. Il numero di profughi, infatti, si aggira sulle 12 mila unità e basta fare due calcoli per capire che a suon di 40 euro a persona in meno di tre mesi si raggiungono i 30 milioni di euro. Certo, senza contare che il «Commissario delegato», cioè il capo della Protezione civile Franco Gabrielli secondo la opcdm del 18 febbraio avrà un retribuzione pari al 30% della retribuzione annua di posizione, al netto dei compensi per le missioni. Si capisce, la fatica.
Ma hanno faticato parecchio anche i dirigenti dello Sprar a cercare di far sentire la loro voce. Sin dall'inizio hanno fatto sapere di avere a disposizione 1.900 posti, ma solo negli ultimi giorni la situazione si è sbloccata e verranno inseriti i primi 400 profughi.