giovedì 26 aprile 2012

Non dite a mia madre che sono diventato cieco...

Forse non è un modo che potrà svegliare le menti intorpidite dal sistema militar-capitalista,ma è sempre una verità incredibile sulla barbarie applicata per legge ad ogni palestinese! Ogni giorno in ogni angolo di Palestina si consumano torture,bombardamenti,violenze e soprusi di ogni sorta,tutto nel buon nome di una democrazia dal sapore acre della tirannia legalizzata dall'ONU,che tace vergognosamente su fatti come ciò che leggiamo qui sotto:  

    Lettera struggente di un prigioniero palestinese
Mohammad Brash scrive dalla prigione israeliana di "Aishel"
                            mohammad brash 2
Non dite a mia madre che sono diventato cieco.
Quando viene a trovarmi,
lei non sa che sono diventato ciecodopo che i miei occhi si sono ammalati eil buio ha invaso il mio corpo.Lei mi vede ma io non la vedo.Le sorrido da dietro la rete di ferroe faccio finta di vederlaquando mi mostra le fotografie dei miei fratelli,dei miei amici e dei nostri vicini.


Non ditele che sono anni che aspetto un'operazioneper avere una cornea nuovae che sono anni che la direzione del carcere rimanda,rimanda e poi rimanda ancoradando ai miei occhi tutte le ragioniper dimenticare la luce del giorno.

Non raccontatele del mio corpo segnato da ricami di schegge di piombo,né che il mio piede sinistro è stato amputatoe sostituito da uno posticciomentre quello destro è già ammuffito e si sta distaccando dalla vita.

Non raccontatele come un prigioniero perde la cognizione dei sentimentipiù elementari, condannato a vedere soltanto ferri e ceneree mai il bianco radiosoe i cavalli sellati dal silenzioche guidano verso la speranza.

Ditele che sono vivo, che sono sano, che i miei occhi vedono,che cammino, corro, gioco, salto, scrivo e leggo...Trascino il mio dolore su queste stampellee sono con mio fratello martire,ora in cielo,e lo sento chiamarmi con la forza del tuono e del fulmine...

Non ditele che non conosco più il sonnoche mi nutro di sedativi per intorpidire le mie membra...che quando mi muovo per cercare le mie cose sbattocontro le sbarre o il corpo di un altro prigionieroche dorme accanto a me e si alzaper aiutarmi ad andare in bagno...

Stare sveglio mi addolora e il sonno mi ha abbandonato

Non dite a mia madre della polvere da sparo che mi è entrata negli occhiriempiendoli di sangue, sulla strada del campoin quel pomeriggio ferocequando i cecchini mi hanno scelto come bersagliofacendo volare il mio piede lontano.Prima che il buio mi inghiottisse, si è impressa nei miei occhil'immagine di un bambinoche mi correva incontro, portando una bandiera,e gridava: “Martire! Martire!”

Ditele che non mi basta sognarla,che sono straziato dalla nostalgia di lei,che incido segni sul muro per ricordarla edimenticare i miei dolori e l’oscurità che mi avvolge.

Ditele che seguo l’ascesa della sua preghiera fino a toccare il cielo,mi fermo e poi a malincuore ritornoper non ferirla con la mia mortema rimango sulla porta come se avessi già scelto il mio domani.

Non dite a mia madre che Israele del ventunesimo secoloha trasformato le carceri in laboratori sperimentalidove coltivare malattie che consumano i nostri corpilentamente come si strugge la cera delle candele.

Non ditele che ho già imparato i nomi di tutte le malattie più stranee delle medicine più bizzarree che conosco il sapore di tutti gli anesteticiche sono costretto a inghiottirementre osservo il corpo di Zakarya Issa, amico e fratello,scivolare prima di me nella vita senza vita di un lungo coma.

Non raccontate a mia madre dei malatie delle malattie che accendono nei loro corpi guerre e follia:Ahmad Abu Il-Rub,Khaled Al-Shawish,Ahmad Al-Najjar,Mansour Mauqadeh,Akram Mansour,Ahmad Samarah,Wafa' Il-Bis,Rima Daragmeh,Tareq Asy,Motasem Raddad,Ryad Il-O'mor,Yasser Nazzal,Ashraf Abu Dree,Jihad Abu Hanyehtutti massacrati dal carcere e dalla malattia,che uno stato arrogante capace soltantoa dispensare morte e funerali,ci infligge. 
Ditele che solo trenta porte mi separanodalla porta di casae che avanzo di un passo ogni volta che vola un uccello,ditele che il fuoco mi avvampa gli occhi,il filo spinato mi trafigge il pettoe che mi rifugio nel suo cuore e nelle sue preghiere.

Mohammad Brash

(traduzione di Bilal Murar e Gabriella Cecilia Gallia)
originale in arabo: http://www.fatehwatan.ps/page-5315-ar.html