http://www.senzasoste.it/livorno/a-livorno-lassemblea-nazionale-delle-brigate-di-solidarieta-attiva-il-report
È nell’accogliente dinamismo della ex-caserma occupata a Livorno che si è svolta, da venerdì 6 a domenica 8 Aprile, l’ottava assemblea nazionale delle Brigate di Solidarietà Attiva, che ha visto i briganti di diversi territori italiani riunirsi per discutere collettivamente il futuro sviluppo della campagna “Ingaggiami contro il lavoro nero” e per delineare la possibile partecipazione nel processo di costruzione di una lega dei braccianti del XXI secolo.
Dall’Aquila ad oggi le BSA hanno sviluppato un percorso politico che nasce dalle pratiche per sperimentare un approccio di intervento concreto in risposta alle emergenze ambientali, sociali e politiche. Intervenire con progetti pratici dentro situazioni specifiche permette di costruire modelli puntiformi di esperienze di autorganizzazione, che sono funzionali dentro contesti contingenti, ma che possono rappresentare una risposta pratica dentro il contesto più generale di crisi economica.
La maturazione dell’esperienza delle BSA si sviluppa dall’Aquila a Lampedusa per contrastare la crescente repressione dei flussi migratori come fabbrica di clandestinità e strumento di controllo dei corpi. Passa poi per l’alluvione che ha coinvolto Liguria e Toscana consolidando un modello d’intervento autorganizzato e contrapposto all’utilizzo dell’emergenza come stato d’eccezione, che sospende lo stato di diritto al fine di annientare le coscienze individuali e prostrare la collettività alla strategia della massimizzazione del profitto.
Anche la recente crisi economica si svela quale utile emergenza da gestire sempre allo stesso modo, con l’obiettivo di sospendere progressivamente i diritti del lavoratore anche nei paesi del sedicente mondo sviluppato. È dentro il contesto della crisi del lavoro che le pratiche messe in atto dalle BSA nell’ambito del lavoro agricolo intendono costruire spazi critici di autorganizzazione con lo scopo di supportare e favorire processi di emancipazione e rivendicazione conflittuale.
A Nardò, in Puglia, partire dal segmento bracciantile, uno degli ultimi anelli della catena di sfruttamento globale, ha significato da un lato mettere in luce le contraddizioni politiche e istituzionali, ma soprattutto ha permesso di sviluppare attraverso spazi di coesione sociale percorsi di riconoscimento dei braccianti stessi come manodopera sfruttata e di superare le barriere etniche e delle diverse condizioni lavorative riducendo il livello di marginalizzazione e ricattabilità. Il modello di accoglienza della Masseria Boncuri si poneva in contrasto con la gestione normalizzante istituzionalizzata del fenomeno migratorio, spostando l’asse di intervento sul lavoro e non sull’aspetto umanitario di accoglienza diffusa e coatta. La pratica dell’accoglienza autorganizzata ha permesso di intervenire sugli aspetti più materiali della ricattabilità della condizione bracciantile, scardinando il principio dell’antirazzismo etico e riaffermando invece la necessità di una ricomposizione sociale interetnica dei lavoratori, che si è infatti dimostrata in grado di esercitare potere contrattuale direttamente contro il sistema del caporalato e indirettamente contro quello delle aziende agricole e della grande distribuzione organizzata. Il piano della rivendicazione si è svelato così dentro un processo di autorganizzazione e la presa di parola diretta da parte dei braccianti stessi assume un potenziale conflittuale replicabile, al di là dello sciopero messo in atto nell’agosto 2011, ed in espansione in altri territori.
Seguendo la forza lavoro mobile che si sposta a seconda delle raccolte nelle campagne del meridione e grazie al progressivo ampliamento della rete di relazioni tra braccianti e parti sociali che operano nei diversi territori è possibile consolidare una forma di partecipazione diretta ed una ricomposizione sociale in cui sviluppare pratiche collettive conflittuali e politicamente trasversali. Su questo piano le BSA stanno costruendo la propria progettualità politica e concreta a livello nazionale.
A Rosarno e nel contesto generale della Piana di Gioia Tauro si svela in tutta la sua necessità l’ampliamento della critica politica allo sfruttamento del sistema economico neoliberista non solo in agricoltura, ma sul territorio in generale. Diversamente dai grandi latifondi di Nardò, a Rosarno la crisi del settore agricolo coinvolge numerosi piccoli produttori traducendosi in un progressivo abbandono delle terre o nell’acuirsi delle condizioni di sfruttamento imposto dai circuiti della grande distribuzione. Tutto questo si somma a decenni di depauperamento del territorio, speculazione edilizia e disoccupazione che costituiscono un contesto d’intervento piuttosto complesso.
La nostra pratica in Calabria è così cominciata dal contribuire all’ampliamento di circuiti di distribuzione alternativi già in atto, seppur con valenza simbolica e nella consapevolezza che questa pratica non costituisse un obiettivo politico fine a se stesso. Rideclinare qui la campagna “Ingaggiami contro il lavoro nero” ci ha permesso di consolidare i rapporti con le diverse realtà già autorganizzate che lavorano sul territorio, ma anche di espandere la rete di contatti a livello nazionale a partire dalla pratica specifica della distribuzione di arance calabresi.
Nell’ottica di un processo di autorganizzazione che tenga insieme braccianti e piccoli produttori, collettivi politici e gruppi d’acquisto, la rete che si riunirà nuovamente il 14 e il 15 Aprile all’Ex Snia di Roma rappresenta uno spazio importante e stimolante di costruzione collettiva di un percorso politico trasversale, dove le rivendicazioni relative all’accesso alla terra, alla sovranità alimentare e soprattutto la contrapposizione allo sfruttamento del lavoro possano trovare declinazioni pratiche condivise e partecipate.
Partendo dalla crisi dell’agricoltura le BSA mantengono la visione prospettica di ricomposizione delle lotte in diversi settori economici e territori. Di fronte alla crescente destrutturazione economica e sociale, alla precarizzazione ed abbassamento dei costi del lavoro, alla privatizzazione ed alla speculazione finanziaria che violano sistematicamente e con forme sempre più smascherate ogni residuo di giustizia sociale ed equità, ci proponiamo di estendere progressivamente la nostra partecipazione al processo di autorganizzazione dal basso in più settori del sistema produttivo.
La struttura federata delle BSA è a disposizione come base per sviluppare il sostegno concreto alla ricomposizione ed allo scambio tra le numerose realtà attualmente attive nel contrastare le diverse forme di sfruttamento del lavoro e del territorio.
Brigate di Solidarietà Attiva
10 aprile 2012