La brigata di solidarietà attiva Toscana chiede l’accoglienza immediata dei migranti in arrivo da Lampedusa. Riteniamo che accoglienza significhi centri aperti gestiti sì da enti pubblici, ma nella massima trasparenza e nel rispetto dei diritti; centri in cui le persone possano trovare servizi quali scuole di italiano, sportelli legali e sanitari che costituiscano tramite e contatto tra i migranti e il territorio. Poiché in Toscana sono già presenti associazioni che da anni lavorano a fianco dei migranti, riteniamo che queste siano il soggetto migliore per gestire questi servizi per capacità, strumenti pratici, rapporti umani e di fiducia e debbano quindi avere libero accesso ai centri. Crediamo che solo in questo modo si possano superare le posizioni razziste cui abbiamo assistito in questi giorni. Perché avvenga un reale scambio è necessario che i migranti siano liberi di circolare sul territorio. Senza la lotta per l’approvazione del decreto governativo di concessione del permesso di protezione temporanea è impossibile realizzare una vera accoglienza, come impossibile sarebbe pensare ad una vera accoglienza senza che i centri individuati per tale scopo, smettano di essere militarizzati e con accessi esterni deliberati dal prefetto .
Il non riconoscimento giuridico e il mancato inserimento nella rete territoriale dei servizi provoca precarietà, isolamento e ricattabilità fomentando forme di razzismo sempre più evidenti e diffuse.
Chiediamo che la Regione Toscana faccia propria la battaglia per l’approvazione del decreto e per l’apertura di centri di accoglienza con le caratteristiche indicate precedentemente affinché dia praticamente seguito al progetto di accoglienza proposto da Rossi.
Un centro che non permette la libera circolazione dei cittadini stranieri, in cui non sia possibile accedere ai principali servizi (peraltro già forniti dal territorio agli altri migranti), in cui le persone sono costrette a risiedere in mancanza di un permesso di soggiorno, non è niente di diverso dalla limitazione della libertà personale, spersonalizzazione ed emarginazione dalla società cui già assistiamo nei CIE presenti in altre regioni italiane.
Non vorremmo che la Regione Toscana si metta a giocare sull’ambiguità giuridica di questi centri come già successo a Manduria.