venerdì 12 agosto 2011

LAMPEDUSA: SACCHETTI BLU COME VALIGIE DI CARTONE...


In questo periodo stanno arrivando sulle coste lampedusane soprattutto giovani subsahariani, provenienti dalla Libia, fuggiti dalla guerra, non so se tra di essi vi sia anche qualcuno obbligato coattamente a partire, in ogni caso moltissimi minori non accompagnati, poche donne ed alcune famiglie. Anche i tunisini continuano ad arrivare, anche se in numero molto inferiore, nonostante il pattugliamento delle coste tunisine e l’attuazione dei rimpatri.
C’è una netta differenza nella gestione dei trasferimenti dall’isola: i subsahariani vengono portati regolarmente, a giorni alterni, in altre località italiane per essere accolti ed inseriti in case famiglie se minori soli o nei CARA per seguire le varie tappe del sistema di protezione per richiedenti asilo; i nordafricani e più specificamente i tunisini vengono invece portati nei CIE per poi essere rimpatriati o rilasciati sostanzialmente come clandestini dopo aver passato mesi (ormai fino ad un massimo di 18 mesi!) tra mura, filo spinato, umiliazioni e violazioni.
I migranti vengono trattenuti illegittimamente nei due centri, 24 ore su 24, circondati da vari strati di filo spinato e di camionette, per un periodo sistematicamente superiore alle 48 ore. Così non dovrebbe essere visto che trattandosi di CPSA formalmente i migranti dovrebbero ripartire rapidamente ed essere liberi di entrare ed uscire dalle due sedi.
Nella testa conservo le immagini indelebili, rubate attraverso gli strati di rete metallica, di ragazzini seduti in gruppetto, di giovani uomini in piedi da soli e con le braccia conserte sul petto, abbandonati all’immobilismo di una detenzione ingiustificata ed incomprensibile, di un assistenzialismo paternalista e vegetativo. Mi sono sentita un’impotente testimone di malcelati lager moderni…ripenso alle lezioni di storia dietro ai banchi di scuola, alle testimonianze di una disumanità umana e mi torna in mente sempre la stessa domanda…ma come è stato possibile che succedesse davvero?...adesso purtroppo comincio a capirlo davvero…

La prima volta che sono andata al molo di cala pisana a vedere gli imbarchi sono riuscita a dare un significato al progetto di monitoraggio. Gli ho visti passare, giovani e giovanissimi, con facce vere, procedere nell’imbarco con in mano sacchetti tutti uguali di plastica azzurra e quando qualcuno sorridente salutava dai pullman i turisti ed i giornalisti curiosi appollaiati sulle rocce mi sono chiesta quanto fosse labile il confine tra un sincero gesto di accoglienza ed un’imbarazzata menzogna: dopo le traversate del deserto, la fuga dalle guerre e dalla povertà, le notti in balia del mare, i giorni passati a lottare per la sopravvivenza o per realizzare un sogno di libertà, la vera meta finale deve essere sembrata vicina, la terra, l’Europa…ed io che li guardo e rispondo incerta ai saluti pensando ai gironi successivi, ai CARA, ai CIE, ai limiti concreti dell’asilo…non riesco a mentire fino in fondo, ma non riesco a guardarli senza rispondere ai loro sforzi ed ai loro sogni almeno accennando un imbarazzato sorriso.
Comincio a sentirmi sempre di più parte di uno spettacolo perverso e quando mi ritrovo ad osservarli durante l’imbarco, durante lo sbarco, durante i trasferimenti in pullman e mi vedo circondata di telecamere, macchine fotografiche, occhi ed orecchi pronti a carpire un’informazione in più, obiettivi orientati alla ricerca dello scoop, progetti documentaristici pressoché tutti uguali…mi pare di essere allo zoo, dove ciò che conta non è la storia di persone vere, bensì l’immagine rubata che ogni spettatore riesce a collezionare per realizzare il proprio progetto, per fare il proprio lavoro o semplicemente per poter dire “c’ero anch’io e li ho visti”.
Sento sempre meno la voglia di esserci eppure non riesco a smettere di correre a cercarli, di sapere…vado in ambulatorio a cercare informazioni e continuo ad incontrare occhi sbarrati in mondi parelleli di memorie e vissuti inimmaginabili, distanti dal circostante disordine di piccoli gesti solidali, di scortesie ed incompetenze, di interessi vari e sospetti reciproci.
Talvolta mi sento sovrastata dalla sensazione che in fondo la sorte dei migranti sia un perno microscopico intorno ai quali ruota un reticolato infinito ed intricato d’interessi politici ed economici…

A., Brigate di solidarietà attiva.