sabato 30 luglio 2011

[BSA NAZIONALE] DA NARDO': CON LA CAMPAGNA "INGAGGIAMI CONTRO IL LAVORO NERO" SCIOPERO DEI LAVORATORI BRACCIANTI!

 Nardò, Lunedì 1 agosto 2011
Anche questa mattina praticamente nessuno è andato a lavorare nelle campagne di Nardò. Il primo sciopero completamente auto organizzato dei lavoratori braccianti, tutti immigrati, che raccolgono pomodori ed angurie in Puglia continua. Dalla Masseria Boncuri, ci dicono che i braccianti si sono organizzati e si sono divisi i compiti tra loro, utilizzando moltissimo i cellulari riescono a rendere efficace uno sciopero che in Puglia non si era mai visto. Il tutto avviene attraverso forme pacifiche di relazione tra pari, che dimostrano come, al di la dei facili slogan l’auto organizzazione rompe il paternalismo di chi per decenni ha visto i migranti come soggetti dipendenti da assistere senza mai dargli la possibilità di prendere voce. Lo sciopero inoltre mette insieme rivendicazioni di diritti, salari, e rischieste di accoglienza degna, un terreno di lotta inedito e replicabile in molte parti del paese.

Nardò, 31 Luglio 2011 

Ieri mattina nella campagna di Nardò è successo qualcosa di sorprendente. Quaranta lavoratori migranti stavano raccogliendo pomodori per 4 euro a cassone, un'ora circa di lavoro. Quando il caporale chiede loro di svolgere un'ulteriore mansione, esigono un adeguato aumento di compenso. Ovviamente non lo ottengono, e fin qui niente di inedito. Ma a differenza delle altre, questa volta tutti e quaranta i lavoratori decidono di non prestarsi all'ennesimo sopruso e di propria spontanea iniziativa abbandonano il campo interrompendo la raccolta.

Da vent'anni in queste campagne si assiste ad uno strutturale e diffuso fenomeno di sfruttamento di centinaia di stagionali migranti. Le condizioni di indigenza e la drammatica precarietà in cui vivono li spingono a sperare, ogni mattina, di essere reclutati dai caporali per paghe da miseria. La quantità di forza lavoro disponibile eccede di gran lunga la reale necessità di impiego, producendo un effetto di livellamento verso il basso dei compensi e della qualità delle condizioni lavorative. In altri termini, per ogni migrante che rifiuta di lavorare per pochi euro l'ora, ce ne sono altri dieci pronti ad implorare di essere reclutati pur di guadagnare almeno i soldi per mangiare.



Ma ieri mattina i migranti della Masseria Boncuri hanno fatto fronte comune incrociando le braccia in un'unica protesta. Per la prima volta li abbiamo visti radunarsi in assemblea e definire i punti salienti delle proprie rivendicazioni. Li abbiamo guardati con compiaciuto stupore mentre nominavano tra loro un rappresentante per ogni comunità: sudanesi, francofoni, nord-africani sono riusciti a superare le differenze di etnia e condizione lavorativa stabilendo una piattaforma comune di richieste e contestazioni. Denunciano lo sfruttamento del lavoro nero e il sistema dei finti ingaggi che consente ai caporali di far lavorare più migranti irregolari sotto un unico ingaggio falso. Pretendono il rispetto dei compensi definiti dal contratto provinciale, stabilendo un minimo sindacale di 6 o 10 euro a cassone a seconda della varietà di pomodoro. Chiedono alle autorità competenti di effettuare in modo sistematico i controlli nei campi ed esigono un impegno reale per l'avvio di meccanismi di incontro tra domanda e offerta in grado di eliminare l'intermediazione del caporalato tra imprenditore e operai. Rivendicano diritti, finalmente consapevoli del ricatto cui ogni giorno si sottopongono e decisi a scioperare finché non vedranno segnali concreti di un'inversione di rotta.

La protesta iniziata ieri è stata completamente spontanea e autogestita. Oggi buona parte dei lavoratori sono rimasti presso la Masseria rifiutandosi di andare a lavorare. La campagna “Ingaggiami contro il lavoro nero” già dall'anno scorso prevede pratiche, oltre che di assistenza e accesso ai servizi, di sensibilizzazione e informazione dei lavoratori rispetto al fenomeno del lavoro sommerso e alle normative contrattuali vigenti in agricoltura, che speravamo potessero fornire gli strumenti necessari per una presa di coscienza collettiva dei migranti in quanto specifica categoria lavorativa sfruttata. Oggi possiamo dire che dalla consapevolezza dei diritti esigibili possono nascere principi di autorganizzazione che, se tutelati da una presenza concreta e di supporto, trovano il terreno favorevole per permettere ai braccianti di ribellarsi alle condizioni di schiavitù su cui si erge gran parte del sistema agricolo italiano. Auspichiamo che le rivendicazioni emerse fino ad ora siano l'inizio di un processo di emancipazione che a partire dal basso venga riconosciuto dalle istituzioni competenti. Dal campo di accoglienza per braccianti di Nardò è nata un'esperienza che ha prodotto risultati concreti in termini di emersione del lavoro nero che crediamo possa essere un valido modello replicabile anche altrove.

Brigate di Solidarietà Attiva