I drusi e il servizio militare in Israele.
di Samer Swaid – Comitato di Iniziativa Drusa
Studi
dimostrano che, se avessero la possibilità di scegliere, due terzi dei
giovani drusi non si arruolerebbero nell’esercito israeliano. Questo
dato è indicativo del grande successo ottenuto del Comitato di
Iniziativa Drusa nella sua lotta, pur con gli scarsi mezzi a
disposizione, contro le istituzioni dello stato e l’educazione
militarista che questo impone nelle scuole druse, contrariamente a tutti
i valori dell’insegnamento.
Memoriale ai drusi uccisi mentre prestavano servizio militare (foto: Wikipedia)
La
minoranza araba drusa è uno dei gruppi palestinesi che vivevano
nell’attuale territorio di Israele prima che avesse inizio
l’immigrazione sionista. Fin dagli anni ’30, la leadership ebraica in
Palestina aveva contratto legami con i membri dei gradini più bassi
della leadership della comunità drusa. Più tardi, lo stato israeliano
rovesciò la vecchia leadership drusa e mise al suo posto dei
collaborazionisti. Questo passaggio e la facilità con la quale lo stato
fu in grado di realizzarlo senza che la comunità opponesse un rifiuto a
collaborare con la nuova leadership, vennero accolti in modo
significativamente critico all’interno della comunità drusa. Tuttavia,
la nuova leadership, con l’aiuto dello stato, fu in grado di sopprimere
le voci di dissenso e di protesta che si appellavano ad una identità
drusa maggiormente attiva nei confronti dello stato o ad una più
consistente solidarietà tra i drusi e gli altri palestinesi presenti in
Israele.
Un’altra
strategia utilizzata dallo stato fu quella di aizzare i drusi contro i
loro fratelli arabi, facendo apparire la fede drusa come unica e
distinta dall’islam. Questo portò all’applicazione di una politica del
“divide et impera” il cui scopo fu quello di separare i drusi dagli
altri israeliani palestinesi. Tale politica s’ingegnò pure nell’assicurare
ai drusi migliori condizioni, fornendo loro finanziamenti e sostegni
politici maggiori che non agli altri palestinesi, registrandoli nei
documenti di identità ufficiali come gruppo etnico-religioso distinto
(“Druso”, non “Arabo”) e creando per loro un sistema educativo separato,
in cui viene rimarcato il particolarismo druso. Tale politica condusse
ad un incremento dell’israelizzazione dei drusi, facendo entrare a forza
in loro l’idea che nel conflitto mediorientale, drusi
ed ebrei condividevano gli stessi interessi contrariamente ai
palestinesi e agli arabi. Questa politica portò sia lo stato che la
leadership tradizionale della comunità drusa a capire che si sarebbe
dovuta richiedere ai maschi drusi la coscrizione ( che non era pretesa
dagli altri palestinesi), che in effetti venne istituita nel 1956.
Ancor
quando la coscrizione veniva applicata nei confronti dei drusi maschi,
la comunità si mostrò considerevolmente restia all’idea. Il libro di
Hillel Cohen, Buoni Arabi (la cui versione in inglese è stata
pubblicata dalla University of California Press nel 2010) ha un capitolo
dedicato alla resistenza nei confronti di tale disposizione
manifestatasi nei primi giorni. Questa resistenza prese la forma di
incontri e di petizioni inoltrate a tutte le persone che occupavano nel
paese posizioni decisionali. Il 1958 vide la fondazione
dell’Organizzazione del Popolo Giovane dei Drusi Liberi, che si oppose
alla coscrizione e invitò al rifiuto di entrare nell’esercito. Tra i
fondatori c’erano i poeti Samih al-Qasim e Naef Salim e lo scrittore
Muhammad Nafaa (attualmente segretario del Partito Comunista
Israeliano). L’organizzazione divenne popolare tra le generazioni più
giovani della comunità drusa. Essa agì di nascosto, date le condizioni
determinate dalla legge marziale imposta a quel tempo nei confronti
degli israeliani palestinesi. Più tardi, i membri di questa
organizzazione, insieme allo Sheick Farhoud Farhoud, il cui figlio
convocato per l’arruolamento si era rifiutato, fondarono il Comitato di
Iniziativa Drusa con il sostegno del Partito Comunista Israeliano.
Questo successe il 15 marzo 1972 – più di 40 anni fa.
Il
Comitato di Iniziativa Drusa, nel quale ho l’onore di svolgere la
funzione di segretario e le cui attività sono lieto di coordinare, si è
posto come obiettivo quello di fare appello per il rifiuto e di
sostenere coloro che ricusano di fare il servizio militare
nell’esercito. Studi, come quello svolto nel 2010 dal professor Majid
Al-Haj dell’Università di Haifa, rivelano che due terzi dei giovani
drusi, se potessero scegliere, non si arruolerebbero. Questo dato è
indicativo del grande successo ottenuto dal Comitato di Iniziativa Drusa
nella sua lotta, pur con gli scarsi mezzi a disposizione, contro le
istituzioni dello stato e l’educazione militarista che questo impone
nelle scuole druse, contrariamente a tutti i valori dell’insegnamento.
La “indagine sulla forza della nazione”, che viene presentata
annualmente alla “Conferenza di Hertzaliya” (un raduno molto importante
di esperti di “sicurezza nazionale”) da due anni ad oggi sta mettendo
“in guardia” sul fatto che lo stato sta “perdendo” la popolazione drusa,
e che sempre meno drusi si considerano patrioti israeliani. Ci sono
ragioni oggettive di questo discostarsi dei drusi dai legami con
l’esercito, che hanno a che fare con la politica di tutti i governi
israeliani che attua discriminazioni con i drusi così come lo fa nei
confronti di tutti gli altri arabi cittadini di Israele, nonostante il
loro servizio di leva. Noi lavoriamo, in seno al Comitato di Iniziativa
Drusa, per una demilitarizzazione della società e ci diamo da fare per
porre questa richiesta all’ordine del giorno. Lavoriamo con i genitori
nelle scuole che cominciano a manifestarsi resistenti all’infiltrazione
di valori militareschi nei contesti educativi – un’attività che gode di
grande successo. Sosteniamo, inoltre, le varie lotte contro la confisca
delle terre – una politica che sta strangolando rapidamente le città
druse in Israele.
In
anni recenti, si sono costituite altre due organizzazioni druse che
pure supportano il rifiuto all’arruolamento, ma queste danno un
particolare rilievo all’aspetto nazionale del rifiuto, mentre noi ci
concentriamo di più sull’aspetto dell’obiezione di coscienza.
Nel
corso degli anni, i Drusi che si sono rifiutati hanno subito duri
trattamenti dal sistema militare. Hanno subito pene detentive doppie di
quelle comminate agli altri che hanno opposto il rifiuto. Questo faceva
parte di una politica finalizzata a spaventare, a intimidire i giovani
drusi, e ad inviare loro un messaggio che chi non si arruola verrà
punito severamente. A ciò si dovrebbero aggiungere le limitazioni
imposte a coloro che hanno opposto il rifiuto in un secondo tempo. Al
2006, cosi si è calcolato, solo i giovani della cittadina di Peki’in (
con 5.500 abitanti, dei quali 3.800 sono drusi, e ad essere arruolati
sono solo gli uomini) nel corso degli anni hanno trascorso un totale di
540 anni nelle prigioni militari. Questo andamento continua ancora oggi,
anche se in modo diverso. Ora gli obiettori drusi vengono mandati in
prigione per periodi più brevi, ma ci sono molti intervalli di tempo di
questo tipo prima della scarcerazione, così invece di trascorre in
prigione un anno come prima, tale intervallo oggi viene frazionato in 6 –
7 periodi più brevi.
Samer Swaid è il Segretario del Comitato di Iniziativa Drusa. Questo articolo era stato pubblicato in precedenza da New Profile