lunedì 25 giugno 2012

Un refusnik israeliano lotta con i palestinesi

Un refusnik israeliano lotta con i palestinesi
Yanin Mazor ha dichiarato di essere rimasto sconcertato negli ultimi mesi dallo sciopero della fame iniziato dai detenuti amministrativi palestinesi.

da Haaretz Daily Newspaper

Un soldato riservista delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che si era rifiutato di svolgere il servizio militare nell’esercito per protesta contro l’occupazione israeliana dei territori palestinesi, ha iniziato uno sciopero della fame nella prigione militare con il quale ha detto di voler dare una dimostrazione di solidarietà nei confronti dei detenuti amministrativi palestinesi.
               mazor yaniv

Yaniv Mazor, un giovane di 31 anni residente a Gerusalemme, la settimana scorsa è stato condannato a 20 giorni di carcere per il suo rifiuto di prendere una qualche decisione, se essere un combattente o qualcosa d’altro, in quello ch’egli ha detto essere l’esercito di occupazione. Lunedì era stato trasferito nella prigione dell’IDF di Tzifin e il giorno seguente ha dato il via allo sciopero della fame. In una conversazione telefonica con l’avvocato difensore Michael Sfard, fatta venerdì, Mazer ha dichiarato “di essere rimasto sconvolto negli ultimi mesi dallo sciopero della fame incominciato dai prigionieri amministrativi palestinesi, ma che non aveva potuto fare molto al riguardo.”

“Ho deciso di dare inizio allo sciopero della fame in solidarietà [con i palestinesi], per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della detenzione amministrativa, e non per suggerire una mia versione personale, “ ha aggiunto Mazor. Il soldato riservista dell’IDF ha soggiunto di essere stato incarcerato “ di mia spontanea volontà, per aver fatto qualcosa per la quale capisco debba pagare un prezzo. Lo sciopero della fame è una protesta nei confronti delle detenzioni amministrative.”

Gli amici di Mazor della ONG di sinistra dei Ta’ayush  hanno affermato di aver appreso che il soldato di riserva era stato posto in isolamento dopo che si era rifiutato di indossare la divisa del carcere, nonché di rivolgersi ai comandanti della prigione facendo uso dei loro gradi ufficiali. Gli attivisti Ta’ayush hanno pure raccontato che i funzionari della prigione avevano annullato la riduzione automatica della pena (un giorno ogni 10), per motivi non specificati.

Mazor, guida turistica di professione, tra il 1999 e il 2002 aveva prestato servizio nei corpi corazzati, con la maggior parte del suo compito svolto nella Valle del Giordano e un po’ nella West Bank. Sei o sette volte aveva pure fatto rapporto al servizio della riserva, quando, come disse al giornalista Hagai Matar, la questione dell’occupazione dei territori aveva cominciato a infastidirlo sempre di più. “Sono arrivato nell’esercito come un tipico prodotto del sistema,” ha dichiarato a Matar, “un bravo ragazzo che presta servizio nei territori, facendo quello che gli viene detto. Senza pensare. Per lo più senza pensare.”

Secondo Mazor, egli aveva provato anche la cosiddetta “insubordinazione grigia”, in cui il soldato non rende pubblico il suo rifiuto. Tuttavia, dopo essere ritornato da un viaggio all’estero della durata di un anno, aveva deciso che non avrebbe più potuto “riprendere l’apparenza.” In un primo momento, quindici giorni fa, è stato condannato a  15 giorni di sospensione condizionale della pena a seguito dell’annuncio del suo rifiuto a prestare servizio. Sfard ha riferito che il comandante del battaglione aveva detto a Mazor “di andare a casa e di pensarci su.”
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“Yaniv mi ha detto di aver fatto, nel fine settimana, un viaggio ad Hebron con il Breaking the Silence – una ONG che raccoglie le testimonianze di soldati dell’IDF relative al servizio prestato nei territori occupati – e con i Ta’ayush nelle Colline a Sud di Hebron,” ha raccontato Sfard, aggiungendo: “Il suo modo di pensare non è cambiato in quei due giorni, come pure la sua posizione in merito all’insubordinazione.” Allora gli è stato ordinato la domenica di ritornare alla base dove il comandante di brigata lo ha condannato. Secondo Mazor, il comandante lo avrebbe informato che avrebbe continuato a ricevere la convocazione per il servizio militare.

In risposta, l’IDF ha confermato che il soldato era stato incarcerato e condannato a restare in una prigione militare, ma ha aggiunto che per rispetto della vita privata del soldato, non ci sarebbe stata alcuna discussione sui dettagli del caso.