Fossoli, Mercoledì 29 Agosto 2012
Il Comune vuole chiudere il campo, l'assemblea difende l'autogestione e ottiene una proroga.
Tre mesi nelle tende. Niente Protezione Civile, niente militari. Non ci sono braccialetti né tessere al campo di Fossoli, ci sono solo persone libere. Così è nata la straordinaria esperienza di un campo completamente autogestito col supporto delle BSA e la gentile concessione degli spazi da parte della polisportiva fossolese. Un esperimento ben riuscito che contava anche sull'appoggio dell'amministrazione comunale, almeno fino a pochi giorni fa.
Pensavamo si fosse creato con il Comune un buon rapporto d'intesa: la vita collettiva del campo di Fossoli, ribattezzato Libera Repubblica, seppur nel disagio del dopo terremoto aveva creato spazi di condivisione delle difficoltà che permettevano alle BSA di farsi tramite tra la popolazione e l'amministrazione locale. Un rapporto di collaborazione e supporto reciproco, che manteneva l'autonomia della gestione del campo e la responsabilizzazione degli abitanti stessi nell'organizzarlo, insieme ad un canale di dialogo istituzionale aperto e disponibile a monitorare i singoli casi e trovare soluzioni. Fino al 12 Ottobre, ci eravamo detti, poi arriverà l'inverno e bisognerà pensare ad altre soluzioni.
Pochi giorni fa invece riceviamo la notizia che entro fine settimana il campo dovrà chiudere. Chiediamo all'assessore e ai tecnici del Comune di venire all'assemblea del campo (quasi tutte le sere ne facciamo una) per spiegarne i motivi. Preoccupati del clima autunnale, vogliono trasferire le famiglie con casa inagibile nelle tendopoli della Protezione Civile. “L'emergenza si è ridimensionata – dicono a noi delle BSA – ora non abbiamo più bisogno di voi, gli abitanti del campo possono essere assistiti dai nostri volontari”.
Eravamo preoccupati anche noi. Non perché il campo dovesse chiudere – auspichiamo che chiuda il prima possibile e che tutti possano tornare a casa – ma perché eravamo convinti che la Libera Repubblica di Fossoli avrebbe continuato a vivere fino a che anche l'ultimo singolo cittadino rimasto senza casa o in difficoltà avesse trovato una soluzione. Non ci sembra corretto chiudere lasciando in sospeso alcune famiglie, tanto meno trasferirle in un altro campo: dopo mesi di lavoro per realizzare un modello alternativo alla Protezione Civile basato sul rapporto personale e collettivo, fondato sul senso di appartenenza alla comunità, incentrato sull'autorganizzazione da parte degli abitanti stessi, perché porre fine ad un'esperienza che funzionava davvero per uniformarla alle altre? Perché non aspettare ancora un mese, il tempo necessario alle famiglie che stanno cercando soluzioni autonome per trovare appartamenti da affittare? Perché abbandonare gli abitanti con la scusa che hanno fatto domanda per il CAS, quando i soldi non sono ancora arrivati?
Sì, eravamo preoccupati, al punto che quasi ci eravamo scordati il potenziale immenso che si può mettere in moto con la Solidarietà Attiva, quella che produce coscienza. Non siamo stati noi i primi a prendere parola per difendere il campo, durante l'assemblea di ieri sera. Erano i cittadini stessi a reggere il confronto con i rappresentati del Comune, a spiegare che le motivazioni che portavano non erano sufficienti a convincerli che andarsene fosse la soluzione migliore. “Noi qui stiamo bene, nelle difficoltà e nei disagi, ma stiamo bene”. Così hanno risposto, non solo le famiglie con casa inagibile ma anche quelle che erano ormai rientrate in casa, quelle che avevamo conosciuto al campo i primi tempi e poi se n'erano andate, che con nostra piacevole sorpresa sono tornate ieri sera, a difendere i diritti degli altri perché tutti parte di una stessa collettività solidale.
Brividi. Alla fine dell'incontro avevamo i brividi. Assessore e tecnici hanno lasciato il campo con l'idea di prorogare di un mese la permanenza, valutare caso per caso gli inagibili e i nuclei in difficoltà. I problemi amministrativi e di bilancio legati alla distribuzione dei pasti, che volevano sospendere a partire da Sabato, sono oggi improvvisamente spariti e tutti potranno continuare a mangiare al campo come prima. Una vittoria che ci ha restituito tutto il senso del nostro lavoro, facendoci scordare le difficoltà, le fatiche, gli errori. Brividi nel guardare i bambini di Fossoli urlare “Libera Repubblica” alla fine dell'assemblea. Brividi nel pensare che quando si crea qualcosa di veramente alternativo, quando si basano gli interventi sull'orizzontalità e la consapevolezza collettiva, si stringono legami indissolubili che rendono in grado di affrontare, insieme, anche gli ostacoli più grandi.
Si possono chiudere i campi, mettere i recinti, sbarrare i cancelli. Si possono introdurre delle regole e poi le regole delle regole stesse. Si possono schedare le persone, numerare i casi, conteggiare e fare analisi statistiche. Si possono calcolare a tavolino i disagi e monetizzare le soluzioni. Si possono controllare le persone, militarizzare i territori. Tutto si può fare. Ma non si possono amministrare i legami tra le persone. Non si possono censurare le idee. Il campo di Fossoli vive sull'idea di una società migliore, un'idea che viveva prima e vivrà anche dopo il campo stesso.
Viva le idee, viva la Libera Repubblica di Fossoli!